Nuovo giorno, nuova settimana, colazione tra i denti, tv accesa per poter avere una piccola finestra sul mondo e una notizia – nuova ma, in realtà, sempre uguale – che passa ormai (quasi) inosservata: altro caso di presunto femminicidio, donna ecuadoriana di 46 anni trovata riversa sul divano. Si cerca il marito arrivato in Italia due giorni fa.
E ancora: stalker investito ed ucciso sotto casa della ex compagna. Era ai domiciliari ma si aggirava sotto l’abitazione di lei.
Ogni volta, ogni singola volta in cui mi capita di sentir parlare di uccisione di donne o di “semplice” violenza nei nostri confronti da parte di mariti, compagni, fidanzati e amanti, rabbrividisco e metto in dubbio il mio spirito cristiano. Poi, però, ricordo di aver sudato e studiato molto per arrivare a poter analizzare e razionalizzare al meglio ogni situazione e dico a me stessa che la ragione deve superare l’ira e che la legalità non deve essere compromessa dalla rabbia. Penso, allora, che scrivere due righe rivolte ad una indefinita moltitudine di donne non può far altro che bene e colgo l’occasione per ricordare loro che – nonostante le numerose critiche rivolte alla giustizia – esiste un sistema a tutela del gentil sesso.
Le violenze nei nostri confronti sono configurate dell’ordinamento giuridico italiano come reati e, in quanto tali, sono penalmente perseguibili. Per far sì che ciò accada, però, noi abbiamo il diritto – dovere di denunciare collegato al diritto di essere tutelate, di poter avere assistenza legale (anche a spese dello Stato qualora il nostro reddito sia insufficiente a pagare autonomamente un avvocato), di prenderci del tempo per metabolizzare una violenza subita senza però crearci degli alibi che hanno il solo scopo di difendere chi ci ha già offeso.
Forse è facile parlare non avendo, fortunatamente, mai ricoperto il ruolo della vittima ma è anche vero che questa posizione mi permette di godere di maggiore lucidità quando mi spingo a dare modesti consigli rivolti a chi, invece, si trova in una posizione sofferente.
I social network, i giornali, i telegiornali, i più disparati programmi televisivi (di ottima e pessima qualità) focalizzano, ormai da anni, l’attenzione sul delicato argomento delle violenze domestiche e, più in generale, della violenza nei confronti delle donne. Sempre più giovani e, forse proprio per questo, deboli sono le vittime di uomini che non hanno ricevuto il dono di saper trattare con l’altro sesso ed è proprio a queste donne sul punto di sbocciare – ma anche a tutte le donne che mi stanno leggendo – che rivolgo un appello, l’appello di prendere coraggio e denunciare le ingiustizie subite.
Ma non è solo a loro che voglio rivolgermi, voglio anche e soprattutto parlare agli uomini che hanno perso il senno e che, a tratti, riescono a riconosce questo dramma. A voi rivolgo il messaggio più sentito, la preghiera di chiedere aiuto, di cercare un supporto che vi guidi in un percorso e vi permetta di cambiare, curando, le vostre inclinazioni negative.
Sogno un nuovo giorno, un nuovo inizio settimana in cui nessun femminicidio sia stato commesso e in cui la mia finestra sul mondo saprà annunciarmi altre disgrazie, magari meno gravi e di tutt’altra natura….come il limite di velocità a 60 km/h sulla pontina introdotto perché, per le istituzioni, è più comodo deresponsabilizzarsi piuttosto che riparare una strada percorsa quotidianamente da migliaia di pendolari. Ma questa è davvero tutta un’altra storia.