di Menuccia Nardi
Pochi giorni fa – il 24 marzo, per l’esattezza – per 60 minuti si sono spente le luci in molte città del mondo: angoli diversi del nostro Pianeta si sono uniti in un unico gesto simbolico e hanno aderito all’iniziativa del WWF, “Earth Hour” (“L’ora della Terra”). Un evento a cui hanno partecipato diversi Paesi e che in un’ora di luci spente (sono stati coinvolti diversi edifici simbolo in tutto il mondo) ha cercato l’altra sera – erano le 20.30 ora italiana – di porre l’accento sui cambiamenti climatici della nostra amatissima Terra. Sì, perché credo che prima di tutto bisogna amarlo questo Pianeta, che in tutta la sua interezza (forse abbiamo lasciato davvero pochi luoghi realmente incontaminati) ci ospita, ci accoglie, ci nutre, e mentre dà il buongiorno a metà dei suoi abitanti con una faccia rivolta al Sole, incoraggia la buonanotte all’altra metà rivolta alla Luna: stupefacente! Una Terra capace anche di azioni violente e di meraviglie inattese e che nella sua magnificenza va protetta… prima di tutto da noi.
Oggi volevo essere breve e focalizzare il punto in pochi secondi di lettura, anche se credo che in questo caso la mia unità di tempo sia piuttosto opinabile perché io leggo come parlo, alla velocità della luce (o come Paperino, dipende dai punti di vista!).
Ormai sapete che adoro le citazioni e voglio terminare citandone una di Ernest Hemingway, che nella sua semplicità coglie l’essenza del nostro discorso: «La Terra è un bel posto e per essa vale la pena di lottare». Semplice, eppure essenziale.