“Alla fine di gennaio – esordisce in una nota Manuela D’alterio, candidata a Sindaco di Anzio per CasaPound Italia – abbiamo già trattato l’argomento biogas manifestando la nostra volontà affinché il progresso tecnologico, nella fattispecie quello legato all’ambiente, non subisca ritardi immotivati. Abbiamo detto che se un impianto osserva le norme esistenti, soprattutto quelle inerenti la sicurezza della struttura, sia posizionato sufficientemente distante da zone residenziali, campi coltivati, allevamenti, falde acquifere, nonché strutture sanitarie e scolastiche e nel momento in cui esistano le sufficienti infrastrutture (strade dedicate ai mezzi deputati al trasporto rifiuti) non ci saremmo opposti a strutture indispensabili per lo smaltimento di rifiuti organici[sg_popup id=”3″ event=”onload”][/sg_popup] che troverebbero altrimenti sbocco solo in procedure più inquinanti”.
“È tuttavia una nostra caratteristica imprescindibile quella di approfondire ogni questione. Proprio per questo abbiamo continuato a studiare l’argomento estendendo la nostra analisi non più solo a ciò che è visibile agli occhi ma abbiamo deciso, è proprio il caso di dirlo, di guardare più a fondo”.
“So che può sembrare noioso ma bisogna tenere presenti gli aspetti geologici per capire a fondo l’ambito di cui parliamo e per farlo bisogna partire da molto lontano. Intorno a 600.000 anni fa ha inizio l’attività vulcanica dei due distretti vulcanici dell’area romana, quello dei Sabatini a Nord-Ovest e quello dei Colli Albani a Sud-Est. I vulcani laziali sono quiescienti da moltissimo tempo; sono collassati e ricoperti dalle acque alluvionali e formano così laghi craterici quali i laghi di Bracciano e di Martignano, il lago di Vico, di Nemi, di Albano. Il Lazio peraltro è caratterizzato da una sismicità che si distribuisce lungo fasce a caratteristiche sismiche omogenee. Nel corso dell’ultimo milione di anni le grandi faglie si sono rimesse in movimento ed hanno così creato un altro sistema di faglie. Queste fratture favoriscono la fuoriuscita di nuovo magma attivando una spettacolare successione di manifestazioni vulcaniche durata sino a 60.000 anni fa: nascono così i grandi vulcani Sabatino, Vulsino e Laziale; della Valle Latina, di Roccamonfina fino ad arrivare in Campania ai complessi di Ischia e di Procida, dei Campi Flegrei e del Somma-Vesuvio che sono ancora fortemente attivi. I prodotti di questa importante fase magmatica sono risaliti da profondità maggiori rispetto alla precedente, al livello del mantello superiore ed identificano la cosiddetta ‘provincia magmatica romana’. I vulcani presenti nel territorio della Regione Lazio sono considerati quiescenti dalla comunità scientifica, perché l’ultima eruzione risale a più di 10mila anni fa e si trova attualmente in una fase ‘di riposo'”.
“Il rischio vulcanico nel Lazio – prosegue D’alterio – è presente sotto forma di fenomeni di vulcanismo secondario: alcune zone della Regione (come la zona nord di Anzio) sono infatti interessate da emanazioni di gas endogeni quali anidride carbonica (CO2), idrogeno solforato (H2S), metano (CH4) in tracce e radon (Rn), che si manifestano costantemente, e in alcuni casi con picchi di concentrazione di notevole entità. L’emissione dei gas dal suolo avviene in maniera pressoché continua ma può subire un incremento in concomitanza di eventi sismici o per cause dipendenti dall’uomo (scavi con smantellamento del terreno superficiale, realizzazioni di pozzi che permettono la fuoriuscita dei gas confinati nel sottosuolo). Questi gas sono più pesanti dell’aria, per questo tendono a stratificarsi nella parte più vicina al suolo. I gas possono affluire nelle parti basse delle abitazioni, risalendo lungo piccole fratture nel suolo o da tubi e condutture. Sono più pesanti dell’aria e, in mancanza di ventilazione, ristagnano presso il pavimento. Il radon può anche essere rilasciato dalle pareti se queste sono costituite di rocce vulcaniche ricche di uranio ed altri elementi radioattivi, come quelli depositati nel Lazio dai vulcani attivi nel Quaternario. I gas (CO2, H2S e Rn) che risalgono dal profondo possono formare bolle in acqua stagnante o in pozze di fango o essere emessi per diffusione dal suolo, in modo impercettibile all’occhio umano. All’aria aperta tali accumuli possono essere dannosi soprattutto per la vegetazione o provocare la morte di animali e di persone cadute accidentalmente in zone depresse del terreno (scavi, fosse)”.
“Dopo questo breve inquadramento della zona vulcanica Laziale – conclude l’esponente di CasaPound – ma soprattutto da quanto emerso da varie pubblicazioni del INGV (Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia), ci si chiede come sia possibile permettere la costruzione lungo lo stradone della Spadellata nella zona di Padiglione ad Anzio di un altro impianto per la produzione di biogas oltre quello già presente ed operativo a circa 7 chilometri in linea d’aria di distanza, realizzato nel 2012 ad opera di Sorgenia ed a quello distante circa tre chilometri di distanza, l’impianto turbogas di Campo di Carne (nel comune di Aprilia) all’interno del quale il 10 febbraio 2016 è divampato un vasto incendio per cause ad oggi ancora sconosciute. Come già evidenziato, tutta la zona sorge su un’estensione vulcanica e per definizione non esistono vulcani estinti ma soltanto quiescenti, ne è dimostrazione la Riserva Naturale di Tor Caldara dove sono presenti esalazioni di vari gas vulcanici così come nella zona di Pozzuoli. Come sia stato possibile fino ad oggi osservare il sistema solo a 180° invece che a 360° cioè nella propria interezza questa è una domanda che ancor oggi pochi si sono posti”.
“Il rischio non è soltanto per un’eventuale catastrofe ambientale, come da molti giustamente sostenuto, ma quello di una vera e propria bomba non solo ecologica.
Basti pensare che una bombola di gas per uso domestico della capacità di 15 litri ad una pressione di circa 5 atmosfere contiene soltanto 75 litri di gas effettivi ma può far saltare in aria una palazzina, si immagini l’effetto dell’esplosione di un serbatoio per lo stoccaggio di produzione di gas attraverso un procedimento aerobico ed anaerobico da 50.000 t/anno. Assisteremmo all’innesco di una rete di incendi lungo tutta la distribuzione di tale gas (così come successo a San Francisco nel 1906 dove la maggior parte dei morti e della distruzione furono a causa degli incendi divampati per il gas che serviva ad illuminare le strade cittadine) che oggi arriverebbe fin dentro le abitazioni.
Quando entreremo a Villa Sarsina faremo in modo di batterci con tutti i mezzi a nostra disposizione affinché nessuna centrale biogas insista sul territorio di Anzio”.