di Menuccia Nardi
Qualcuno di voi ha presente quegli attimi in cui all’improvviso ti capita di sentire un profumo, o meglio no, un odore, che ti riporta alla mente una scena, un momento, o più in generale un periodo della vita? Quando non puoi fare a meno di annusare l’aria che ti circonda perché ha in sé il ricordo del ricordo di un ricordo accantonato nella memoria, che non è stato mai cancellato né dimenticato, ma che rimane lì, latente, come se fosse sott’acqua in perenne apnea, pronto alla prima occasione a venire in superficie per prendere aria e respirare? Ecco, a me è successo ieri, nel tardo pomeriggio di una giornata di luglio trascorsa sulla spiaggia.
La cosa strana è che ero lì da ore, ma in mezzo alla confusione degli odori di tanti corpi stesi al sole (più il mio come sempre steso all’ombra) non ho sentito niente; poi la spiaggia si è svuotata e io sono rimasta lì, sotto l’ombrellone, intenta a non abbronzarmi (lo dico con una punta di acidità e rassegnazione: a quanto pare la mia pelle è restia a prendere colore e ormai me ne sono fatta una ragione, quindi tanto vale godermi il fresco!) e l’ho sentito. Ho sentito l’odore del mare, ma non un odore qualunque, non quello che sento la mattina quando vado a camminare, no: era l’odore del mare delle vacanze estive di quand’ero bambina. Un odore che sentivo nell’asciugamano, sulla pelle, sul costume bagnato; che mi ricorda un salvagente a forma di papera (ma che forse nelle intenzioni voleva essere un cigno), il viso di mia madre, una cena con la finestra aperta… un odore meraviglioso che mi invade la testa, insieme ad immagini: immagini di bocche che chiacchierano nelle sere d’estate davanti al portone di mia nonna, della colazione con latte e biscotti la mattina presto (perché in vacanza non volevo dormire) e del mare… un mare d’acqua che ricordo sempre fredda e di un blu intenso, e che a volte mi manca.