Ieri Guglielmo, oggi Mario….è sempre fuoricampo di Trinci

Era il 1976, il giovane Guglielmo Trinci doveva ancora compiere 17 anni, indossava la casacca della Colombo Assicurazioni Nettuno e colpì forte, per il primo fuoricampo nella massima serie. Quel ragazzino che poi tutti hanno chiamato Guy, è  diventato una bandiera di quella squadra e di fuoricampo ne ha battuti altri 150, diventando il miglior battitore di fuoricampo nella storia del Nettuno.

Oggi, maggio 2012. Mario Trinci, che quando papà Guy batteva nel 1996 il suo 151° homerun con la casacca del Nettuno doveva ancora compiere due anni, ha scritto il suo nome vicino alla sigla del fuoricampo. Mario 17 anni li ha già compiuti, ma oggi è il più giovane del roster della Danesi Nettuno, e sabato allo Jannella di Grosseto con quel suo primo fuoricampo in IBL ha come per incanto continuato quella fantastica storia che papà Guy ha iniziato a scrivere nel lontano 1976.

Erano proverbiali i fuoricampo di Guglielmo, tanto che una volta, durante una diretta della Rai così commentò Giancarlo Mangini nel vedere un lunghissimo homerun: “Come direbbero a Nettuno….nà tortorata de Trinci!”……

Quella allo Jannella, sabato sera, è sicuramente stata una….”nuova tortorata de Trinci”….. e così la racconta il giovane Mario: “Ho visto subito che la battuta era lunga, ho pensato ad un doppio. Poi correndo tra la prima e la seconda base ho visto che tutto il dugout esultava e la mano dell’arbitro che faceva il gesto del  fuoricampo. Così ho continuato la corsa verso casa base ed è stata una emozione incredibile. Finalmente dopo tanto tempo –continua il giovane catcher del Nettuno – vicino al simbolo dell’Homerun è tornato scritto il nome Trinci”. A fine partita la telefonata a papà Guy, impegnato a Roma alla guida della sua UrbeRoma grande protagonista della A Federale: “Ho chiamato papà ma gli ha parlato Renato Imperiali, quando gli ha detto del fuoricampo non ci credeva”.

Guglielmo conferma: “Inizialmente non ho creduto alle parole di Renato Imperiali, poi però la gioia è stata tanta come quando nel 1976 ha fatto io il mio primo fuoricampo, per me la soddisfazione è doppia e ancora più bella perché questa volta è stato mio figlio a battere un fuoricampo. Mario sta facendo dei grandi sacrifici – continua Guy Trinci – è stato un bel premio per lui e lo merita tutto. Mi è dispiaciuto solo non essere presente allo Jannella”.

Guy e Mario, una bella storia per il baseball nettunese. In Italia quando si parla di prima base non c’è altra scelta, un nome viene alla mente su tutti, quello di Guglielmo Trinci. Un pezzo di quella gloriosa storia del Nettuno appartiene a Guy, nessuno con la casacca nettunese ha battuto più fuoricampo di lui. Sono 151 gli homerun con cui Guglielmo guarda tutti dall’alto, è lui l’indiscusso slugger della storia del Nettuno, è lui che con la casacca azzurra ha disputato mondiali e toccato l’apice per un uomo di sport, le Olimpiadi, e sempre da protagonista. Eletto miglior difensore  dei mondiali del 1986 in Olanda, quando in battuta fece meglio di Munoz trascinatore della nazionale cubana che vinse quel mondiale, ed MVP del campionato Europeo del 1991, quando a Nettuno nel nuovissimo Steno Borghese appena costruito, Guy entusiasmò con le sue prestazioni nel box di battuta. Per Mario un esempio da seguire: “Con lui ho un doppio rapporto. Padre-figlio e manager-giocatore, chiedo consigli a lui, soprattutto sulla battuta. Lui è sempre pronto ad aiutarmi. Mi ha allenato per due stagioni, mi dava consigli in campo e poi continuava anche a casa”. E Guglielmo cosa ne pensa di Mario giocatore? “E’ un ragazzo che lavora tanto, e nonostante la sua giovane età ha una grande conoscenza del baseball”.

Da settembre scorso Mario Trinci ha iniziato la sua avventura nell’Accademia Fibs di Tirrenia dove frequenta il quarto anno del liceo tecnologico, una nuova esperienza che ha cambiato la sua vita negli ultimi mesi, come le ultime due settimane in cui per due volte è sceso in campo da catcher titolare della Danesi Nettuno, a soli 17 anni e 6 mesi: “La scelta di entrare in Accademia l’ho fatta insieme a mio padre, lui per primo mi ha sempre incoraggiato, dicendomi comunque che doveva essere una scelta mia e che era la mia volontà che contava. Oggi posso dire – continua Mario Trinci – che il lavoro fatto in Accademia durante l’inverno sta dando i suoi frutti. Quando ho visto per la prima volta il mio nome nella formazione titolare del Nettuno ho pensato che era arrivato il momento di dimostrare che anch’io posso stare in un roster importante come quello del Nettuno”.

Ricevitore e terza base i suoi ruoli, in prima base mai? “Solo qualche volta – dice Mario Trinci – ma io ho sempre voluto giocare ricevitore e ricordo,  che sin dai primi anni che giocavo, mio padre mi diceva sempre che il ruolo di catcher è difficile e faticoso e che per emergere bisogna essere veramente un giocatore forte”. Le parole di Guy confermano: ”Gli è sempre piaciuto giocare ricevitore ed io gli dico sempre che se vuole giocare ad alti livelli deve diventare un numero uno. Per farlo ci vuole sacrificio e si deve migliorare giorno per giorno. Devo dire che da quando è in Accademia è cresciuto tantissimo, ha fatto enormi passi in avanti rispetto allo scorso anno. Complimenti a chi lo sta allenando a Tirrenia perché hanno fatto fare a Mario un bel salto di qualità”.

Caratterialmente quanto assomiglia al padre? “Lui ha doti per essere un leader, ma tende ad essere più timido con i giocatori più grandi di lui. Io gli dico sempre che in campo deve essere duro, soprattutto nel ruolo di catcher, deve parlare molto con i compagni, si deve far sentire da tutti. Lui queste doti le ha nonostante può sembrare un ragazzo timido”.

E’ un peso quel cognome? Oppure un vantaggio? “Per quello che ha fatto nella sua carriera mio padre, scudetti, coppe europee, mondiali e olimpiadi. A Nettuno è un simbolo del baseball,  non è facile chiamarsi Trinci”.

Il futuro? “Spero di fare almeno la metà di quello che ha fatto mio padre nella sua carriera. Certo il sogno nel cassetto è quello di una chiamata importante per provare negli Stati Uniti”.

“Mario è un ragazzo d’oro, gli auguro di fare di più di quanto ho fatto io – continua Guglielmo Trinci – e spero che gli vengano date le opportunità che gli sono state date nelle ultime due settimane”.

Per molti la prodezza di Mario è sembrata un semplice exploit di un giovane prospetto. In realtà è la storia stessa del Nettuno a dettare ad esempio l’articolo che state leggendo. Per questo non è passato inosservato il fatto che anche l’organo ufficiale d’informazione del Nettuno non ha messo in risalto il passato di Trinci, in relazione a quanto fatto dal giovane Mario: “Nella mia carriera ho sempre evitato la vetrina della stampa, non facevo molte interviste, mi piaceva parlare sul campo con i fatti. Quindi il gesto compiuto da Mario allo Jannella non ce lo toglie nessuno.  Certo poi è probabile che un  addetto stampa si è dimenticato del cognome di questo ragazzo – dice Guy Trinci – che non dobbiamo dimenticare  è comunque alla seconda presenza da titolare, ed ha una età in cui non è facile fare certe cose. Forse è più facile scrivere di chi ha un grande nome? Credo che questo ragazzo porta sulle spalle un cognome grande, voglio pensare che sia stata una dimenticanza”.

In genere si dice che prima o poi la storia si ripete. Era il 1976, anzi il 1974 quando il giovane Guglielmo esordì nel Nettuno nella massima serie, oggi a distanza di 32 anni il giovane Mario ha già esordito ed ha già battuto il suo primo fuoricampo. Non è un caso che tutti e due si chiamano Trinci. Padre e figlio e la loro storia meritava di essere raccontata.  Anche per queste cose la storia del Nettuno baseball è unica e affascinante.