Indiano aggredito alla stazione di Nettuno. Condannato connazionale che rubò i fondi di beneficenza

Sfruttava fondi beneficenza donati a connazionale dopo aggressione del 2009.

A far partire le indagini sono stati gli investigatori della Digos della Questura di Roma, guidati dal dirigente Lamberto Giannini, sulla base di alcune segnalazioni di rappresentanti della comunità indiana che avevano scoperto il “doppiogioco” del loro connazionale. S.B., indiano 48enne, all’esito del giudizio abbreviato, è stato condannato a tre anni di reclusione e 2000 euro di multa, oltre ad un risarcimento provvisionale esecutivo di 12.000 euro e al pagamento delle spese processuali. Gli investigatori della Digos, attraverso una serie di complesse indagini, coordinate dal Sostituto Procuratore Mario Palazzi, durate oltre due anni, sono riusciti a ripercorrere tutti i movimenti del denaro che l’uomo era riuscito a sottrarre alla sua vittima, tra cui due assegni che erano stati acquisiti dal truffatore all’insaputa del beneficiario. Approfittando della sua condizione, nel tempo ha sottratto alla sua vittima tutto il denaro donatogli in beneficenza dopo una violenta aggressione subita nel 2009 nei pressi della stazione di Nettuno. A farne “le spese” è stato un cittadino indiano di 35 anni, che nel febbraio del 2009, mentre dormiva su una panchina, era stato aggredito con violenza da due uomini che, dopo averlo ripetutamente colpito, gli avevano poi dato fuoco, provocandogli ustioni gravi su tutto il corpo. Dopo l’episodio l’uomo era stato destinatario di numerose iniziative di solidarietà, che avevano coinvolto anche i più alti livelli istituzionali. Ed è proprio a questo punto che era entrato in scena “il benefattore”. Un connazionale della vittima, infatti, gli aveva offerto ogni tipo di assistenza, aprendo a suo nome anche un conto corrente su cui far convergere tutti i fondi donati per far fronte alle spese mediche. Dopo poco però il benefattore si era però rivelato uno sfruttatore. Approfittando della condizione dell’uomo, infatti, ha indotto l’indiano vittima dell’aggressione ad effettuare operazioni bancarie a suo favore, distraendo quindi i fondi dalle finalità per le quali erano stati donati. Le indagini e le testimonianze raccolte presso istituti di credito ed agenzie postali, ospedali e istituti di riabilitazione hanno consentito di ricostruire il quadro probatorio, sulla base del quale il G.I.P. Francesco Patrone ha adottato il provvedimento di condanna.