[sg_popup id=”106217″ event=”inherit”][/sg_popup]La sentenza del Tribunale di Roma, che dispone il trasferimento delle quote della società Capo d’Anzio della società Marinedì srl al Comune al loro valore nominale, è sicuramente una notizia positiva, ma non basterà da sola a risollevare le sorti del Porto di Anzio, ormai abbandonato a se stesso e reso impraticabile dall’insabbiamento del canale di accesso.
La società Marinedì, lo ricordiamo, era entrata in maniera parassitaria nella Capo d’Anzio attraverso un’operazione di ingegneria finanziaria speculativa subentrando al socio pubblico Italia Navigando. Questa sentenza rende finalmente giustizia alla città di Anzio che stava rischiando la privatizzazione del suo bene più importante senza la sua volontà.
Tuttavia, molte questioni estremamente delicate restano ancora aperte. Pochi giorni fa è stato pubblicato il bando di gara per la fase 2 in cui il socio privato si era impegnato a garantire un terzo dei finanziamenti (20 milioni in totale): chi li garantirà ora? E soprattutto, ricordiamo che il Piano Regolatore Portuale e la concessione demaniale prevedono ancora il raddoppio dell’opera, per un investimento da oltre 160 milioni di euro. Se l’Amministrazione pensa ancora di andare avanti con questa opera folle la situazione andrà solo che peggiorando, non solo dal punto di vista ambientale, urbanistico e storico, ma anche dal punto di vista economico: l’esecuzione dei lavori dovrà essere affidata attraverso procedura di project financing (un privato finanzia e in cambio gestisce i posti barca) e il porto di fatto sarà comunque privatizzato. Sempre che le procedure di gara non vadano ancora una volta deserte.
Insomma la strada è tutt’altro che semplice e l’Amministrazione a nostro avviso deve impegnarsi nell’immediato, di concerto con la Regione Lazio che ha da poco approvato un ordine del giorno in Consiglio Regionale per aprire un tavolo tecnico con il Comune, su due fronti: garantire il dragaggio del canale di accesso e rivedere il progetto complessivo, al fine di avere un’opera sostenibile a 360 gradi, ma soprattutto realizzabile e non più oggetto di contenziosi e fallimenti come accade da oltre vent’anni.
Alternativa per Anzio