Il prezzo che incanta

di Eduardo Saturno

La nostra mente ci gioca ogni tipo di trucchetto quando si tratta di prezzi. Di qualsiasi cosa. Tutti abbiamo visto prodotti venduti a un prezzo giusto un pochino inferiore rispetto al numero tondo – 9,99 invece che 10, per esempio. Molti tra noi penseranno che siamo troppo saggi per permettere che un centesimo di differenza possa influenzare le nostre scelte di acquisto. Ma più volte le ricerche hanno dimostrato di sì. Questa strategia del “pochino in meno” (anche nota come “charm pricing”) risale ad almeno cento anni fa e il suo uso è largamente diffuso.
Sorprendentemente, neppure le case – l’acquisto più grosso che chiunque di noi possa fare – sono un’eccezione. Uno studio pubblicato sul Journal of Real Estate Finance and Economics ha scoperto che i venditori che usano la strategia del “pochino in meno” traggono più profitto rispetto a quelli che non lo fanno. Infatti ottengono mediamente il 2 per cento in più, che per una casa da qualche centinaio di migliaia di dollari è un bel po’. “Le persone hanno queste barriere psicologiche sul prezzo”, dice Michael J. Seiler, coautore dello studio e docente al College of William & Mary a Williamsburg, in Virginia. “Sono artificiali e sono un po’ arbitrarie, però contano”.
Lo studio ha preso in considerazione 372.074 vendite immobiliari avvenute tra gennaio 1993 e settembre 2011 a Hampton Roads, in Virginia, e ha individuato le strategie di prezzo utilizzate. È emerso che il 45 per cento dei venditori fissano il prezzo iniziale usando la tecnica del “pochino in meno” (199.900 dollari, per esempio). Un altro 31 per cento chiedeva un prezzo tondo vicino a quello che il venditore riteneva essere il valore di acquisto (200.000 dollari, per esempio). E un 24 per cento, infine, vendeva la casa a un prezzo molto preciso (200.347 dollari, per esempio). Tutte e tre le strategie hanno i loro punti di forza e i loro punti deboli, secondo Seiler e secondo l’altro coautore, Eli Beracha, ricercatore all’Università Internazionale della Florida.
Considerando che molti acquirenti cercano gli annunci per comprare una casa su Internet, la tecnica del prezzo tondo dovrebbe essere la migliore per attirare l’attenzione. Una casa da 200.000 dollari sarà visualizzata nei risultati di ricerca delle case nella fascia di prezzo tra 150 e 200 mila euro, e in quella da 200 mila a 250 mila euro. Le cifre tonde potrebbero però sembrare anche una stima a spanne. “Il segno che il venditore non conosce il reale valore di mercato”, dice Seiler. Un prezzo molto preciso, diversamente, potrebbe attirare l’attenzione dell’acquirente e indurlo a soffermarcisi. Gli acquirenti sono più portati ad assumere che prezzi del genere riflettano più accuratamente il valore di una proprietà. Ma nessuna prova suggerisce che un prezzo preciso motivi l’acquirente a pagare prezzi più alti rispetto a quelli stabiliti seguendo una qualsiasi altra strategia.
Insomma, alla fine è emerso che la strategia del “pochino in meno” è la più vantaggiosa. I ricercatori hanno costruito un modello per determinare quale fosse il reale valore di ciascuna casa in base alle sue caratteristiche. Quindi hanno confrontato quel prezzo con il prezzo di listino. Si è scoperto che i venditori che adottavano la strategia del “pochino in meno” fissavano un prezzo di vendita molto più alto rispetto a quello fissato dagli altri venditori – circa il 5 per cento in più del valore reale della casa, rispetto al 3 per cento circa nel caso degli altri due gruppi di venditori.

Eppure i venditori che usano questa strategia continuano ad attirare un sacco di possibili acquirenti. È come se nella nostra mente un prezzo di poco inferiore alla cifra tonda, per oggetti grandi e piccoli, segnalasse un affare: soprattutto se il prezzo finisce con la cifra 9. Come se i consumatori percepissero di ricevere qualcosa indietro rispetto alla cifra tonda, come dimostrato da uno studio. Questo ha in parte a che fare con il modo in cui conserviamo le informazioni scritte. Il nostro cervello cominciare a registrare i numeri prima di leggere il prezzo per intero. Le cifre più importanti sono le prime: nel caso di prezzi di case a sei cifre, gli acquirenti non registrano molto oltre la terza cifra, cioè oltre le migliaia, dice Seiler. I numeri a destra sono psicologicamente meno significativi, e il cervello non si sforza per ricordarli.
Quindi gli acquirenti sottovalutano il prezzo: le cifre a sinistra sono le più importanti, dice Seiler. Se una casa ha un prezzo di 199.900 dollari invece che 200.000, gli acquirenti tendono a ricordare più la cifra 1 che il 2. Questo effetto svanisce quando la seconda o la terza cifra cambia, anche se il cambiamento riduce il prezzo. Anche quando gli acquirenti leggono il prezzo per intero, la parte del cervello che comincia a registrare i numeri prima che il prezzo venga letto interamente è la stessa che genera sensazioni ed emozioni, secondo Robert M. Schindler, un docente di marketing alla Rutgers University, a Camden, in New Jersey. “Una cifra più bassa a sinistra produce la sensazione di un prezzo inferiore, anche quando uno sa che non è più basso”, spiega Schindler. “Le decisioni con le case spesso coinvolgono sensazioni forti – per dire, se davvero ti piace quella casa, qualsiasi cosa che ti faccia sentire un poco meglio sul prezzo può fare la differenza”.
Dallo studio svolto in Virginia non è emerso che gli acquirenti non riconoscevano che le case vendute con la tecnica del “pochino in meno” fossero sovrastimate. Lo riconoscevano. Tiravano molto sul prezzo, e trattavano per ottenere sconti più di quanto non facessero con i venditori che usavano prezzi a cifra tonda o prezzi precisi. E tuttavia quelli che usavano la tecnica del “pochino in meno” finivano davanti agli altri. Guadagnavano di più perché il prezzo iniziale era stato fissato a un valore maggiore rispetto a quello reale, più di quanto gli sconti potessero ridurre. Per esempio, come concluso nello studio, questi venditori vendevano le proprietà a un prezzo mediamente più alto dell’1,96 per cento rispetto a quelli che vendevano le case usando prezzi a cifra tonda.
Sarà pure irrazionale ma questo sistema sembra funzionare con qualsiasi genere di prodotto, che è il motivo per cui la gente lo segue a prescindere dall’oggetto di cui si tratta. Seiler dice che l’Australia ha eliminato la sua moneta corrispondente a un centesimo molto tempo fa eppure i prodotti sono ancora venduti a un prezzo fissato come se quella moneta esistesse ancora.
Fonti: washington post