Una domenica bestiale

di Eduardo Saturno 

Dopo una settimana di intenso lavoro, decidiamo di attraccare le nostre membra stanche su una delle tante spiagge che costeggiano la città di Anzio. E siccome preferiamo l’aria fresca rispetto alla calura pomeridiana, ci svegliamo di prima mattina per occupare un adeguato lembo di sabbia, dotati di una sdraio e di un ombrellone, tenendoci lontani dalla battigia per almeno 5 metri. Come previsto dalle leggi in materia di balneazione. Ma, con lo scorrere della giornata, gli spazi che avevamo deliberatamente lasciati liberi incominciano ad essere invasi da cavallette marine ambosessi provviste di costumi, che depositano sull’arenile tanto di quel materiale da far pensare che piu’ che un bagno rinfrescante, stiano effettuando un trasloco.
Non sappiamo se anch’esse, oltre al caldo desertico abbiano usato come vettore il Caronte di dantesca memoria. Certo è che di rispettare le regole nemmeno a parlarne. Una volta seduti, in preda ad una simil crisi di astinenza, da uno dei borsoni, quasi con violenza, viene estratto il telefono cellulare. Perché una volta assisi, bisogna informare la mamma o la suocera circa il posizionamento geografico, il colore e la qualità dell’acqua, e sull’eventuale presenza di meduse e gasteropodi. Successivamente si passa all’analisi organolettica del pranzo in preparazione, ed alle eventuali variazioni sul tema.
Nel corso della conversazione, che si protrae per tempi apparentemente biblici, appaiono nell’ombra le spire del fumo di sigaretta, che al termine del suo uso crea un dilemma. Dove butto la cicca? In un improvvisato portacenere, per esempio un bicchiere di plastica? Nemmeno per idea. Dopo una velocissima torsione del collo a 180°, la scelta si attesta su un obiettivo scelto tra la sabbia, sotto l’ombrellone, oppure si lancia in acqua, evitando così di appiccare qualche incendio. Encomiabile. E le bottiglie di birra da un litro, trangugiate in quantità industriali come se fosse la cosa piu’ normale del mondo, che fine faranno? Siccome la sabbia scotta, le lasciamo a terra, nell’area in cui avevamo piazzato le tende. Tanto qualcuno prima o poi le rimuoverà.