NoBavaglio. Giornalisti: decreto su ‘presunzione di innocenza’ non può essere alibi, protestano cronisti a Roma

La manifestazione degli organismi di stampa contro l’applicazione di norma che può imbavagliarli

Vietato parlare con i giornalisti. “Più che concentrarsi sulla prevenzione e repressione dei reati, a Roma, la Procura e Questura sembrano, piuttosto, impegnate a imbavagliare la stampa”. A dirlo sono giornalisti, cronisti e rappresentanti delle Rete NoBavaglio, che ieri  hanno manifestato a Roma Piazzale Clodio, davanti al Tribunale, in difesa del diritto di cronaca e del diritto dei cittadini di essere informati.

L’applicazione nell’ambito della Regione Lazio delle norme sulla presunzione di non colpevolezza, introdotte dal decreto legislativo 188 del 2021, “attende una corretta lettura da parte dei Ministeri competenti grazie a nuove circolari esplicative che non mettano a repentaglio -come invece sta avvenendo- il diritto di cronaca”, sostengono i manifestanti.

La protesta è stata sostenuta dalla Federazione Nazionale della Stampa, dall’Ordine dei giornalisti (presente con presidente e vicepresidente, segretaria e tesoriere) e dal sindacato giornalisti. “Il decreto sulla ‘presunzione di innocenza’ non può essere l’alibi di procure e forze dell’ordine per imporre censure all’informazione” sostengono.

Se nel Lazio si manifesta, la situazione non è migliore in Toscana. A Firenze -capoluogo e sede della procura generale e della corte d’appello e nelle altre procure del distretto- l’applicazione della Cartabia “genera quotidianamente freni al diritto di informare e all’informare con correttezza -spiega Sandro Bennucci, presidente Associazione Stampa Toscana- La poca comunicazione ufficiale è affidata a comunicati generici, spesso veicolati nelle chat, che hanno ottenuto il benestare della procura, a cui spesso non è concesso approfondimento ulterioriori.

“Tale comunicazione oltretutto avviene in ritardo rispetto all’evento -prosegue Bennucci- Per esempio: si arresta uno stupratore, ma lo si comunica solo quando il giudice ha convalidato il provvedimento, quindi a distanza di minimo due giorni dall’effettiva esecuzione. Due giorni in cui un cittadino è finito nelle mani dello Stato per accuse spesso gravissime e d’interesse collettivo e l’informazione non ne sa nulla. A Firenze è successo che, a proposito di un’altra violenza sessuale, a richieste di verifiche e ulteriori dettagli -finalizzati a cronache più scrupolose, pur nel rispetto della presunta vittima- i cronisti si siano sentiti rispondere che si trattava di un ‘fatto privato'”.

Eppure è fondamentale -sottolineano i giornalisti- “permettere la verifica di fatti e notizie nell’immediatezza, oltretutto in un momento così delicato per la vita del Paese, colpito da una crisi economica gravissima che rischia di generare grandi tensioni sociali. Ma per la paura di assumersi responsabilità o di essere ‘redarguiti’, tutti i livelli coinvolti in quello che dovrebbe essere un aperto confronto con gli organi di stampa, nel rispetto dei ruoli, si stanno trincerando dietro un ‘no comment’, che spesso è o sfiora la censura”.

Marino Bisso, animatore della Rete NoBavaglio, conclude  che si tratta di “una battaglia non solo per i giornalisti, ma soprattutto per i cittadini. Nessun procuratore e nessun questore può decidere cosa va sul giornale e cosa no. Questo è il nostro lavoro. In democrazia si dovrebbe facilitare la verifica delle notizie e non ostacolare la funzione di informare in modo corretto”.

Fonte: (Rex/adnkronos)