“Nei giorni scorsi sono apparse sulla stampa più di una dichiarazione della commissione prefettizia circa il dissesto finanziario. Le parole esatte che gli vengono attribuite sono state che il comune di Nettuno viaggerebbe quotidianamente sull’orlo del dissesto. Ora come ex consiglieri comunali, che si sono battuti contro la dissennata gestione del comune da parte di Coppola e del centrodestra, potremmo usare queste parole per certificare che il nostro giudizio politico ed amministrativo era corretto; eppure solo leggere la parola dissesto ci fa rabbrividire, perché, da addetti ai lavori, sappiamo gli effetti devastanti che questo avrebbe sulla città. Quindi sperando di poter dare per assodata, da parte di tutti, l’incapacità di coloro che hanno guidato la città durante la terribile disavventura del centrodestra e i danni che hanno fatto alle casse comunali, ora, come esponenti politici, abbiamo però l’obbligo morale di dare il nostro contributo di idee su come evitare questo cataclisma che rischia di abbattersi su Nettuno. Per chi non lo sapesse, quando un comune dichiara dissesto tutte le imposte, tasse locali, aliquote e tariffe vengono automaticamente portate al massimo per 5 anni, si azzera la possibilità di contrarre mutui per fare opere pubbliche e si rischia addirittura di dover tagliare il personale, che in un comune come il nostro è già notevolmente sottodimensionato. Per questi motivi, ma non solo, a nostro modo di vedere, prima che si arrivi a prendere una decisione irreversibile come quella del dissesto, serve che l’ente si doti con massima urgenza di un dirigente per l’area economico-finanziaria di comprovata esperienza e capacità e che si occupi solo di quel settore, mediante l’art. 110 del Tuel, perché, senza nulla togliere a chi oggi gestisce il settore, ci sembra che le sue competenze si riferiscano soprattutto ad ambiti sociali, ed in un momento come questo serve una figura professionale di chiaro curriculum economico e finanziario. D’altronde un dirigente con tali competenze finanziarie e che abbia dimestichezza con le entrate tributarie, potrebbe trovare le soluzioni necessarie in questo periodo storico, dove le riscossioni sono particolarmente difficili a causa delle condizioni economiche post Covid che sono andate deterioriorandosi su tutto il territorio nazionale. Per dichiarare il dissesto, uno dei requisiti principali è la mancanza di liquidità, ma dallo studio dei documenti pubblicati non ci appare che questo requisito sia effettivamente soddisfatto, quindi le motivazioni potrebbero essere quella della difficoltà della riscossione dei tributi, che come abbiamo già detto, è un problema comune a tutti gli enti locali. Resterebbe quindi solo il nodo dei debiti fuori bilancio, ma siamo certi che sapendo districarsi nelle poste di bilancio, questi potrebbero essere disarmati mediante i fondi di accantonato già presenti. Inoltre, ci viene spontanea una domanda, ovvero il perché questa spada di Damocle del dissesto non risultasse già incombente durante le approvazioni del consuntivo e del bilancio preventivo. Ora manca solo l’ultimo passaggio tecnico, che, com’è noto, sono gli equilibri, e auspicando che questi, come già accaduto nel passato più recente, vedano l’esito positivo da parte dei revisori dei conti, non vediamo perché dovrebbe aleggiare uno spauracchio così radicale e senza ritorno come quello del dissesto. D’altronde chi ha fatto questi studi ha appreso dal premio Nobel Robert Lucas, che l’economia si basa sul concetto di aspettative razionali, e se quindi ci si attende il dissesto è’ probabile che questo diventi realtà come per l’effetto di una profezia che si autoavvera. Certo, l’arrivo di una ulteriore figura nominata ad hoc dallo Stato, per pilotare questa sorta di fallimento dell’ente, potrebbe alleggerire il peso di qualcuno, ma, secondo noi, quando si ha il ruolo di rappresentare le istituzioni, in qualsiasi ruolo lo si faccia, si deve fare di tutto per evitare, come dicono i vecchi detti, di buttare il bambino con l’acqua sporca, anche perché così facendo si rischia di dare l’impressione di pensare più ad eventuali richiami della Corte dei Conti che non al futuro del territorio, cosa che, siamo certi, non corrisponde al vero.
Roberto Alicandri
Marco Federici