Le associazioni ambientaliste stanno inviando le diffide ai comuni che stanno prorogando le concessioni
“Sui balneari abbiamo due obiettivi: scongiurare la procedura di infrazione e dare certezze agli operatori” È quanto ha assicurato la presidente del Consiglio Giorgia Meloni nella conferenza stampa di inizio anno. Intanto dal Ministero delle infrastrutture di Matteo Salvini per i balneari arriva la befana: una rivalutazione al ribasso del 4,5% dei già irrisori canoni di concessione. Il governo ha chiesto ai comuni di rinnovare per un anno le concessioni in scadenza, l’ennesima proroga per evitare di mettere a gara le concessioni demaniali, l’esatto contrario di ciò che da anni ci chiede l’Ue. Ci ritroviamo dunque con comuni che stanno formulando le delibere per le gare, e altri che invece rinnovano le concessioni in essere. Nel frattempo però è in arrivo una valanga di ricorsi contro Comuni e Regioni che stanno prorogando le concessioni al 2024 (alcuni le hanno prorogate fino al 2032). E nel mirino finiscono adesso amministratori e funzionari che queste proroghe le stanno firmando, rischiando adesso contestazioni per danno erariale e per abuso d’ufficio. Le associazioni ambientaliste sono sul piede di guerra e aprono un nuovo fronte che rischia di avere conseguenze impreviste nella lunga battaglia per le spiagge d’Italia: non solo quindi chiedere lo stop ai rinnovi, ma anche conto alla magistratura contabile e a quella penale su singoli tra politici e burocrati che hanno avallato e firmato gli atti.
Tutto nasce dalle recenti sentenze dei giudici amministrativi. Ultima in ordine di tempo quello del 27 dicembre scorso del Consiglio di Stato su un ricorso che riguardava le concessioni balneari del Comune di Amalfi. Si legge ne testo: “Le norme legislative nazionali che hanno disposto (e che in futuro dovessero ancora disporre) la proroga automatica delle concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative sono in contrasto con il diritto eurocomunitario; tali norme, pertanto, non devono essere applicate né dai giudici né dalla pubblica amministrazione. E ancorché siano intervenuti atti di proroga rilasciati dalla pubblica amministrazione deve escludersi la sussistenza di un diritto alla prosecuzione del rapporto in capo gli attuali concessionari; non vengono al riguardo in rilievo i poteri di autotutela decisoria della pubblica amministrazione; la non applicazione della legge implica, quindi, che gli effetti da essa prodotti sulle concessioni già rilasciate debbano parimenti ritenersi inesistenti”.
“Proprio il passaggio sulla non rilevanza dei poteri di autotutela della pubblica amministrazione -ha scritto nei giorni scorsi il quotidiano La Repubblica-, apre al rischio che a dover subire contestazioni erariali e penali per abusivismo siano singoli amministratori e dirigenti, nonostante il via libera ai rinnovi dato nel “milleproroghe” e l’informativa varata dal Cdm il 22 dicembre scorso: decisioni del governo Meloni e della maggioranza di centrodestra che hanno creato un caos normativo e sono state rigettate anche dall’Ue che conferma il possibile avvio di una procedura di infrazione che costerebbe centinaia di milioni al nostro paese”. Anche perché, sembra che la mappatura fatta dal governo e inviata a Bruxelles per dimostrare che solo una piccola parte delle coste è privatizzata è basata su criteri a dir poco discutibili: Vengono infatti considerati nel conteggio anche i tratti di costa rocciosa, quelli non accessibili, le spiagge non appetibili o non balneabili o quelle che non possono essere date in concessione perché soggette a servitù.
L’associazione Mare Libero lo sta scrivendo chiaramente nelle diffide che in questi giorni, insieme anche a Italia Nostra, sta inviando a una miriade di Comuni che stanno prorogando le concessioni: “Siamo pronti a contestare il danno erariale per le casse pubbliche, visto che la mancata messa a gara non fa aumentare i canoni – dice Roberto Biagini di Mare Libero – ma c’è anche un tema penale: chi proroga di fatto autorizza abusi edilizi per manufatti in spiaggia che non potrebbero rimanere in assenza di concessioni valide”.