Anzio, Repetita iuvant: un appello

“In occasione delle elezioni comunali che si terranno ad Anzio il prossimo novembre, ripropongo un articolo pubblicato sul Inliberauscita il 14 maggio 2018, intitolato:
Vorrei un Sindaco che abbia coraggio
Dovrebbe rovesciare come un calzino il concetto delle logiche partitiche. Dovrebbe far sedere allo stesso tavolo delle brave persone non dei rappresentanti di partito.
Dovrebbe costruire una squadra partendo da due fondamentali presupposti:
competenza e onestà. Dovrebbe vietare ogni logica di potere, applicando solo quella dello spirito di servizio.
Vorrei un sindaco che riuscisse ad impostare il suo lavoro cavalcando la parola amore, perché amministrare la cosa pubblica è un atto d’amore non un’ascesa al potere.
Vorrei un Sindaco capace di scindere le idee, tra buone e cattive e non tra quelle del suo partito e quelle dei “nemici”. Soprattutto lo vorrei coraggioso. Tutto parte da lì. Come diceva Churchill “il coraggio è la prima delle qualità umane, perché è quella che garantisce tutte le altre”.
Dovrebbe avere il coraggio di non promettere mai nulla di personale in cambio di un solo voto. Dovrebbe avere il coraggio di chiedere “scusa”, perché gli errori sono parte integrante di un cammino. I lettori di queste poche righe si divideranno inevitabilmente in due categorie: la prima è quella degli scettici e dei cinici. Loro immaginano che dietro l’altrui pensiero si celi sempre un secondo fine. Confondono i buoni propositi con l’ingenuità. Vivono nella stanza buia delle vecchie e rancide logiche di partito,
dove “o stai con me o stai contro di me”.
Ancora pensano che l’opposizione rappresenti “il nemico da combattere”, ricorrendo in primis alla logica del fango e dello sgambetto. Preferiscono non aprire le finestre su un mondo che è cambiato. Considerano degli sprovveduti gli idealisti e i sognatori. La seconda categoria è proprio quella dei sognatori. Ho avuto tanti maestri amici che mi hanno insegnato a cogliere la potenza e l’energia che si sprigionano da un sogno.Agnese, antropologa. Da ragazza sognava grandi avventure; da adulta, nel cuore della foresta amazzonica, ha scovato uno degli ultimi villaggi Maya.
Fabrizio, atleta. Da bambino sognava di fare maratone e condurre una vita da sportivo; a 16 anni un cancro gli ha divorato una gamba. Quattro anni dopo, correndo con le stampelle, conquistava la sua prima maratona di New York. Angelo, deltaplanista, da ragazzo sembrava un disadattato. Gli amici giocavano al calcio e lui fissava il cielo sognando di volare. Da adulto, con il suo deltaplano, utilizzando solo il vento, è passato sopra l’Everest.
Angelo, pescatore. Sognava di dare regole e dignità alla sua terra. Mentre era in mare
decise di candidarsi sindaco e di trasformare il suo Cilento in un qualcosa di meraviglioso. A lui hanno tolto la vita, ma il suo angolo di terra è divenuto da anni un punto di riferimento del turismo di qualità nel mondo. La sua politica era basata sul coraggio e sulla forza delle idee. Mai sottomesso alle logiche di partito, ha inseguito per anni sogni ritenuti impossibili. Uno ad uno li ha realizzati tutti.
L’impossibile spesso si realizza seguendo le regole della semplicità, per questo chiudo questa riflessione parlandovi della “teoria del calabrone”. Il suo volo è tuttora un mistero di cui si è occupato persino la NASA. Dall’analisi di peso e forma del corpo, in rapporto alla superficie e al profilo alare, il calabrone risulta “no fly”. Secondo le leggi dell’aerodinamica un calabrone non può rimanere sospeso in aria. Eppure ci sta. Qualcuno ha trovato una risposta: la logica direbbe che il calabrone non potrebbe volare. Ma lui ci riesce perché non lo sa.

Eduardo Saturno