La quiete prima della tempesta in un silenzio irreale che prelude a un grido di liberazione.
Hanno deciso di cominciare così il loro corteo le migliaia di manifestanti di ‘Non una di meno’ che si sono ritrovate a Roma: sedute e mute. Poi all’improvviso tutte in piedi, in un’unica voce, altissima, di rabbia contro i femminicidi e al grido di ‘Disarmiamo il patriarcato‘ hanno scandito lo slogan: ‘Insieme siam partite insieme torneremo. Non una di meno’.
“Non una di meno” hanno ripetuto ancora, alla vigilia del 25 novembre, la giornata internazionale contro la violenza sulle donne, tante, troppe uccise e finite in una lista di sangue che allega foto di loro ancora sorridenti. E senza dimenticare Ahoo Daryaei, la studentessa iraniana che si è spogliata davanti all’università a Teheran per protestare contro l’imposizione del regime, in molte si sono tolte la maglia rimanendo a seno scoperto.
“Siamo il grido altissimo e feroce di tutte quelle donne che più non hanno voce”, hanno urlato tenendo lo striscione con la scritta “il corpo è mio, decido io”, un famoso slogan femminista degli anni Settanta. Poco prima del corteo, davanti al ministero dell’Istruzione, una foto del ministro Giuseppe Valditara era stata bruciata dalle attiviste del movimento femminista Aracne e dai collettivi. Su un manifesto la scritta: “Oltre 100 morti di Stato. Non è l’immigrazione ma la vostra educazione” hanno replicato alle parole del ministro che qualche giorno fa aveva sostenuto che “L’incremento dei fenomeni di violenza sessuale è legato anche a forme di marginalità e di devianza discendenti da un’immigrazione illegale”.
Foto Emanuela Irace
Testo fonte agenzia Ansa