Si tratta della mutazione del gene Lmna, associata a una forma grave di cardiomiopatia che può causare morte improvvisa. La scoperta è stata effettuata per la prima volta grazie a uno screening genetico-clinico che, iniziato nel 2022 e concluso nel giugno 2024, è stato eseguito in un piccolo comune dell’Avellinese. La diagnosi precoce ha permesso interventi salvavita, come l’impianto di defibrillatori o indicazioni al trapianto.
Scoperta una nuova mutazione genetica all’ospedale San Raffaele. Si tratta della mutazione del gene Lmna, associata a una forma grave di cardiomiopatia che può causare morte improvvisa. La scoperta è stata effettuata per la prima volta grazie a uno screening genetico-clinico che, iniziato nel 2022 e concluso nel giugno 2024, è stato eseguito in un piccolo comune dell’Avellinese. Il 12,8% del campione è risultato portatore della mutazione: tutti presentavano anomalie cardiache, spesso silenti e non diagnosticate, mentre il 43% mostrava anche segni di coinvolgimento neuromuscolare. In alcuni casi, la diagnosi precoce ha permesso interventi salvavita, come l’impianto di defibrillatori o indicazioni al trapianto.
La scoperta
Pubblicata sulla rivista Journal of the American College of Cardiology: Heart Failure, la ricerca è frutto di uno studio dell’Irccs Ospedale San Raffaele di Milano, condotto su 234 persone originarie di Caposele. Nello specifico, le lamine, prodotte dal gene Lmna, sono proteine strutturali fondamentali del nucleo cellulare. Le mutazioni di questo gene danno origine alle cosiddette “laminopatie”, cioè un gruppo eterogeneo di malattie spesso gravi e potenzialmente letali. La mutazione è stata inizialmente scoperta in una giovane donna con aritmie lievi con una lunga storia familiare di morti improvvise. Dopo l’impianto di un defibrillatore, la paziente è sopravvissuta a un arresto cardiaco. Un secondo caso, che presentava aritmie gravi, ha confermato l’esistenza di una trasmissione familiare della mutazione.
Lo studio
Grazie a una ricostruzione genealogica digitale di oltre 12 generazioni e quasi 3.000 individui, realizzata anche con il contributo della comunità caposelese, gli esperti sono riusciti a tracciare la diffusione ereditaria della mutazione. Oltre il 90% delle persone rintracciate ha aderito allo screening, uno dei più estesi mai condotti in un’area di isolamento genetico del Sud Italia. Un algoritmo di intelligenza artificiale ha poi aiutato a predire con il 90% di accuratezza i possibili portatori.