Era l’estate del mangiadischi, dei tailleur con le spalline e la bicicletta della “Bianchi”. “E se mio padre”, opera prima della regista romana Solange Tonnini, si apre con un’inquadratura mozzafiato sulle Grotte di Nerone e da subito catapulta lo spettatore in un viaggio nella metà degli anni ’80, Anzio e Nettuno che troneggiano sullo sfondo. Sono i luoghi del cuore della regista romana che a novembre del 2023 ha scelto il litorale per le riprese del film.
In tanti ieri sera, in occasione della proiezione del Cinema Astoria al teatro Spazio Vitale di Nettuno, hanno accolto con calore la pellicola e conosciuto, al termine della proiezione, i protagonisti del film. Ispirato alla vera storia della famiglia di Tonnini, con Claudia Gerini nei panni di Norma, mamma della regista, e Massimo Ghini, suo fratello nella vita reale che nel film interpreta il papà Adriano. Protagonista la talentuosa Margherita Pantaleo nel ruolo di Aida, ovvero Solange Tonnini da piccola che indaga sulla doppia vita di suo padre e sui segreti della sua famiglia.
Nella squadra degli attori anche Dino Abbrescia, Luca Scapparone, Leonardo Ghini, Michele Bevilacqua e Renato Marchetti. Un cast di livello per un’opera che è un gioiellino, con un’attenzione meticolosa alla ricostruzione storica e alla cura stilistica.
Ospiti della serata, ieri a Nettuno, Massimo Ghini, Sole Tonnini e la sorella Vanessa, che ha intervistato il cast e coinvolto il pubblico, Luca Scapparone, che nel film veste i panni del “Terrorista”, e Michele Bevilacqua, che interpreta un politico corrotto.
Tra walky talkie, rullini Kodak e outfit anni 80, le riprese immortalano gli scenari più suggestivi di Anzio e Nettuno. Dal santuario di Nostra Signora delle Grazie, dove la regista ha raccontato di essere stata battezzata e dove viene girata la scena finale del film, a Villa Adele, il borgo medioevale, il porto di Nettuno, il litorale di via Ardeatina, Tor Caldara. Le scene a scuola sono state girate nell’istituto Maestre Pie Filippini ma tutto il film è un romanzo confessione e un ripercorrere le tappe che hanno segnato la gioventù della regista, che ad Anzio aveva una casa dove trascorreva le vacanze ogni estate.
E’ stata proprio lei a raccontare al pubblico il suo rapporto speciale con Anzio e Nettuno. “Questo film è la vera storia della nostra famiglia, dove mio fratello Massimo interpreta mio padre e Claudia Gerini mia madre. E’ un film corale che fa sorridere e commuovere, con tutti i personaggi che hanno accompagnato la mia infanzia. Mia madre era una donna molto ironica, eclettica, sempre sorridente. Per questo ho deciso di raccontare la nostra storia sotto forma di commedia, altrimenti sarebbe venuto fuori un melodramma e non avrebbe rispecchiato la vera anima della mia famiglia”. Aida, la giovane protagonista, 12 anni, una tipetta tutto pepe, decide di indagare sulle prolungate assenze di suo padre Adriano, spesso in giro per l’Europa per motivi di lavoro. Quando chiede spiegazioni alla sua famiglia, riceve risposte vaghe e poco convincenti. Inizia così un viaggio alla scoperta della verità, aiutata dal suo amico Daniel, interpretato da Theodore Max Gravina.
“Da piccola, come tutti i bimbi dotati di fervida immaginazione, ero davvero convinta che mio padre fosse una spia, un latitante. Andava e veniva da casa, non capivo il motivo di queste sue assenze. In realtà importava cavalli dalla Polonia, e aveva una doppia vita, una doppia famiglia, cosa che mia madre accettò per amore – ha raccontato la regista, che ha risposto alle domande del pubblico chiarendo i motivi che l’hanno portata a scegliere Anzio per il suo film. “Mio padre, come nel film, aveva regalato a mia madre una casa ad Anzio, nella zona di Cincinnato, che poi anni fa abbiamo venduto. Sono molto legata a questo territorio, sono cresciuta qui, tutti i luoghi che appaiono nel film appartengono alla mia infanzia. Ancora oggi frequento Anzio regolarmente ed ogni estate prendo una casa in affitto”.
E’ stato Massimo Ghini poi a prendere la parola, rivolgendosi al pubblico in sala. “E’ stata un’emozione grande interpretare il film diretto da mia sorella. La sua è stata una scelta forte, quella di raccontare la nostra storia, in forma romanzata ma del tutto vera. Questa è veramente la storia della nostra famiglia. Leonardo, che nel film interpreta me da giovane, è mio figlio nella realtà. C’è una scena – ha scherzato Ghini – in cui in pratica abbraccio me stesso”. Poi la battuta sul nome di sua sorella Solange. “Sono stato io a scegliere il suo nome. Una volta vidi un cartellone che pubblicizzava un film degli anni ’70, intitolato “Cosa avete fatto a Solange?”, Allora ho convinto mia madre a chiamarla così. Mia madre era una folle, proprio come nel film, una donna molto spiritosa, che tutti noi abbiamo amato moltissimo, proprio come nostro padre, che mi ha sempre trattato da figlio, nonostante fossi nato da un precedente matrimonio di mia madre con un altro uomo, che nel film è interpretato da Luca Scapparone”.
Molti, nel film, i riferimenti al momento storico e all’Italia di quegli anni. “Il mio vero padre è stato davvero un partigiano ed è stato davvero arrestato e deportato a Mauthausen. La politica ha sempre fatto parte della mia vita – ha spiegato rispondendo alla domanda di uno spettatore – Sono stato un appassionato militante della sinistra giovanile. Più avanti ho avuto anche un’esperienza come consigliere del comune di Roma. Poi per fortuna nella mia vita ha preso il sopravvento la parte artistica. Adesso – ha aggiunto con una battuta – mi dedico al giardinaggio. Scherzi a parte ho apprezzato molto l’idea di mia sorella di raccontare l’Italia di quegli anni e di quel particolare momento storico, dove l’ipocrisia regnava sovrana. Il film è un’occasione di riflessione su tutto quello che abbiamo guadagnato nella vita. La società va avanti e abbiamo il dovere di far capire ai giovani quale futuro ci aspetta”.
Sul palco anche Michele Bevilacqua e Luca Scapparone, compagno della regista nella vita reale. “Nel film interpreto il padre di Massimo, mio cognato – ha detto Scapparone – che conosco solo da 50 anni! Rappresento l’anima nera di questa famiglia, un uomo difficile che ha sacrificato gli affetti e l’amore per il figlio in nome di un disegno più grande al servizio del cittadino. Sole mi ha affidato a questo ruolo perché ero l’unico a poterlo sostenere”.