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Natura morta alla Campana e alla Gallinara

 

Gli alberi sono molto più che semplici presenze silenziose nei parchi, nei boschi o lungo le strade: rappresentano memoria, protezione, generosità. Raccontare la loro importanza significa anche dare voce alle emozioni e ai ricordi che suscitano in ogni persona che abbia mai trovato ristoro, pace o ispirazione sotto le loro fronde.
C’è chi ricorda l’albero della propria infanzia come un rifugio, una creatura paziente che ascoltava in silenzio sogni e segreti. Sotto la sua ombra si trovava sollievo nelle giornate più calde, tra i suoi rami si intrecciavano le avventure dei giochi e cresceva un senso istintivo di sicurezza. Gli alberi sono compagni di viaggio silenziosi, spettatori della crescita e testimoni di generazioni che passano. Nel tempo, la saggezza popolare ha celebrato gli alberi come simbolo di generosità incondizionata. Essi donano ossigeno, frutti e legno senza nulla chiedere in cambio, offrono rifugio a uccelli, animali e persino a chi si riposa alla loro base. Dare valore agli alberi significa imparare la lezione della reciprocità: prendersene cura, difenderli, piantarne ogni qualvolta sia possibile, perché la loro sopravvivenza è intrecciata con la nostra.

Ogni comunità ha il suo albero “speciale”: quello sotto cui si celebrano feste, si trova il primo amore o si piange una perdita. Questi giganti gentili rimangono, anno dopo anno, custodi del tempo e della storia collettiva. Quando un albero cade, anche se solo nei racconti o nelle fotografie, scompare un pezzo di identità e il senso di un luogo.
Davanti alle sfide del presente, ricordare il valore degli alberi significa riscoprire l’umanità. C’è una poetica verità nei gesti semplici: piantare un nuovo albero, difendere un filare, scegliere la natura come alleata, non sono solo atti tecnici ma forme profonde di amore per il futuro. L’albero generoso di Silverstein ci ricorda che occorre imparare a “ricevere e restituire”, coltivando una relazione dove ciascuno dà e riceve secondo i propri bisogni. Gli alberi, custodi muti dei nostri destini, meritano rispetto e protezione. Ogni volta che camminiamo tra loro, ascoltiamo le storie che sussurrano al vento: sono scrigni di memoria, di vita e di speranza. Scegliere di stare dalla loro parte significa, in fondo, stare dalla parte della Terra stessa.
Alla luce di queste considerazioni, mi chiedo il motivo per cui la Pineta della Campana, in quel di Nettuno ed il Parco della Gallinara nel territorio di Anzio, sono ancora in questo stato. E quali sarebbero, ammesso che ci fossero, le intenzioni dei privati detentori e delle Amministrazioni pubbliche comunali, provinciali e regionali per ridare vita ad un ambito territoriale che ha assunto sembianze spettrali?.

Eduardo Saturno

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