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Un’altra cattedrale nel deserto ad Anzio

 

Sorgere come una cattedrale nel deserto ”è una locuzione della lingua italiana che intende porre in evidenza l’italica realtà del decadimento”. Nel gergo giornalistico/politico, l’espressione fu plasmata nel 1958 da don Luigi Sturzo per contrassegnare tutti quei grandi progetti da realizzare nelle zone meridionali del nostro Paese, alcuni dei quali, vedi ad esempio l’Autostrada Salerno-Reggio Calabria, dopo decenni sono rimasti allo stato embrionale ed abbandonati a loro stessi. Il medesimo concetto viene espresso in inglese, quando si parla di white elephant.
 Le radici di questa definizione derivano da una pratica dei sovrani del Siam, che offrivano l’elefante bianco ai membri invisi dell’élite del Paese. Più che un omaggio si delineava nei termini di una punizione: invero, diversamente dagli altri animali, “il dono” era sacro, in quanto da mantenere e non sfruttabile come strumento di lavoro.
Orbene, come possiamo caratterizzare l’opera in corso di realizzazione presso il
Quartiere Zodiaco di Anzio, dove da diversi mesi i lavori di realizzazione di un Parco cittadino si sono nuovamente arenati come succede spesso ai cetacei privi di orientamento? Lo chiedo soprattutto al Sindaco, dottor Aurelio Lo Fazio, il quale, molto prima della stagione estiva era apparso su un giornale locale annunciando l’imminente ripresa dell’attività. Durata in realtà il ciclo di vita di un fiammifero, dato che, come potrete vedere dalle foto scattate sul “luogo del delitto” la scorsa domenica, l’area interna si connota più come pascolo per bovini che per gli scopi originari, ovvero fornire un po’ di lustro ad un agglomerato edilizio ridotto nelle condizioni in cui si trova a causa dell’ignavia di tutta la classe politica, nessuno escluso, che ha occupato negli anni gli scranni di Villa Sarsina.
Eduardo Saturno

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