“Nelle celebrazioni liturgiche che ci hanno preparato al Santo Natale è risuonato diverse volte il brano del Vangelo di Luca, in cui viene sottolineata «la fretta» che ha spinto la Vergine Maria a mettersi in viaggio, superando fatiche e montagne, per raggiungere subito sua cugina Elisabetta, dopo che l’angelo Gabriele le aveva annunciato la nascita del Redentore (cf. Lc 1, 26-56). Una fretta, che san Carlo Borromeo (1538-1584), il grande arcivescovo di Milano che divenne il simbolo della riforma della Chiesa nel suo tempo, collega all’azione dello Spirito Santo, quando mette nei nostri cuori dei progetti di bene, che non vanno rimandati nella loro concretizzazione. Anzi, afferma il santo, «bisogna correre subito a eseguirli», come ha fatto Maria quando si è messa rapidamente in viaggio per recarsi da Elisabetta, «perché nel suo grembo Dio la spinge ad affrettarsi» (cf. S. Caroli Borromei, Homilia XLIII [2 luglio 1583], Homiliae, t.1, pp. 321-332, Milano 1747).
Mi piace pensare in questo Natale alla «fretta» di Maria e all’urgenza di riconoscere Cristo quando ci viene incontro. È la stessa fretta che spinge i pastori di Betlemme «a trovare Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia» (cf. Lc 2, 16) e la stessa fretta di Giovanni e Pietro che corrono verso la tomba del Risorto, nella prima mattina di Pasqua (cf. Gv 20, 3-4). L’amore vero non conosce indugi e ci mette in movimento. Chi fa l’esperienza della grazia di Dio non può rimanere fermo e immobile. Davanti all’annuncio che «oggi è nato per voi un Salvatore» (Lc 2,11), non c’è tempo da perdere: Dio è all’opera oggi e desidera essere accolto dall’umanità. Questo è allora il Natale: l’irruzione di Dio nella storia, nella semplicità di un bambino, che non si impone, ma si propone per essere accolto e amato. Il Natale ci dice che oggi Dio si fa vicino: lo possiamo incontrare nella carne di Gesù di Nazareth per lasciarci trasformare da lui. Oggi ci è data la possibilità di cambiare vita, di amare e di non rimandare il bene che possiamo fare.
Ero ancora un giovane prete, quando un mio amico mi abbracciò e disse con le lacrime agli occhi, dopo il funerale di suo padre che era morto improvvisamente e prematuramente: «Non riesco a perdonarmi una cosa: non sono mai riuscito a dire a mio padre che gli voglio bene. Ora che non c’è più, lo vorrei abbracciare e dirgli: “Papà, Ti voglio bene. Tu sei importante per me, Ti ringrazio per tutto ciò che mi hai dato”». Mi rimase impresso questo suo abbraccio pieno di dolore e mi sono chiesto: cosa ci impedisce a superare le montagne che a volte ci separano dagli altri? Quante volte pensiamo che ci sarà tempo per compiere un gesto semplice di amore, per chiedere perdono, per riconciliarci, per metterci in cammino verso chi aspetta la nostra visita?
Cristo, allora, viene a noi non solo nel neonato che vagisce nella mangiatoia, ma anche nell’anziano che forse non ricorda più nemmeno il nostro nome, nel fragile che reclama cura e difesa, nel povero che non vogliamo vedere, in chi è solo e ha bisogno della nostra presenza. Compiamo allora oggi quelle scelte e quei gesti che il bambino di Betlemme ci ispira e che ci rendono pienamente umani, perché questo è il tempo della grazia, questo è il tempo della salvezza. Apriamo oggi il cuore al Signore che è venuto «ad abitare in mezzo a noi» (Gv 1, 14) e sentiamo anche noi quella «santa fretta» che ci fa superare le montagne delle nostre paure, della nostra superficialità e dell’indifferenza, perché il bene non può aspettare. Buon Natale a tutti e auguri di un nuovo anno ricco di grazia, di salute e di opere buone.
Natale 2025
Vincenzo Viva Vescovo di Albano





