Chi voleva la morte di Aldo Moro? La sconvolgente verità raccontata dal Giudice Imposimato, che ha presentato il suo libro al Forte Sangallo a Nettuno, intervistato dal giornalista del Messaggero Gianni Del Giaccio
Trentacinque anni dopo il ritrovamento del corpo di Aldo Moro in via Caetani, il rapimento e l’omicidio del segretario della Democrazia cristiana restano una delle pagine più oscure della storia d’Italia. Chi è stato, perché, come e con l’aiuto di chi. “Furono due importanti uomini della Democrazia Cristiana, uno era il Ministro dell’Interno con il supporto di Gladio e della P2 a volere la morte di Moro– ha spiegato Imposimato durante la presentazione del libro- durante quei 51 giorni del rapimento uomini dei servizi segreti, italiani e stranieri, forze dell’ordine, occuparono l’appartamento al piano superiore, per poter meglio spiare e controllare l’abitazione dove era tenuto prigioniero lo statista democristiano, e non fecero nulla per liberarlo“. “”Molti non sanno che lo stesso giorno 8 maggio di 35 anni fa, due commando, uno dei Carabinieri, i GIS, e l’altro della Polizia di Stato, i NOCS, e un gruppo di bersaglieri del battaglione Valbella, di stanza ad Avellino , stazionavano in via Montalcini ove erano giunti da diversi giorni. I due nuclei d’assalto erano agli ordini del generale Carlo Alberto dalla Chiesa e del commissario Pasquale Schiavone ; erano pronti a intervenire per la liberazione di Aldo Moro , prigioniero delle Brigate Rosse nell’appartamento situato all’interno 1 di quella stessa via al numero 8 . Senonchè la mattina del 7 maggio 1978 era giunto, inatteso, l’ordine ai gruppi militari, desiderosi di intervenire, di abbandonare la postazione di via Montalcini. Dal Ministero dell’Interno una telefonata aveva fermato l’operazione militare dei tre gruppi pronti a compiere l’assalto finale. Ci fu un’ondata di sdegno nei militari, ma l’ordine venne eseguito e fu il preludio della morte di Moro“. Una verità sconvolgente. Mentre la versione ufficiale, che addossa ogni responsabilità al terrorismo politico delle Brigate rosse, continua a convincere poco gli scettici, c’è chi non ha mai smesso di indagare.
Ferdinando Imposimato, giudice istruttore del caso Moro, non si è ancora arreso e ha continuato a cercare nelle pieghe della vicenda ogni possibile risvolto nascosto. Il suo ultimo libro si preannuncia come un’autentica svolta, destinata a cambiare le convinzioni che finora hanno dominato l’interpretazione del delitto. Rivelazioni bomba e la solita lucida analisi dei fatti, emergono dalle pagine di I 55 giorni che hanno cambiato l’Italia. Perché col sequestro Moro una parte del Paese si allontanò dalle istituzioni per non riavvicinarcisi mai più, e l’unico modo per ricompattare la frattura è raccontare, una volta per tutte, la verità. (Cp)