Sparano ad un uomo per uno “sgarro”, in manette banda di ladri d’auto

Il gruppo criminale puntava ad auto di grossa cilindrata da smontare e rivendere a pezzi. Fallito il rapimento di un 31enne rumeno che gli aveva rubato degli pneumatici, raggiunto durante la fuga da un colpo di pistola al braccio

di Elisabetta Bonanni

I tre arrestati nell'ambito dell'Operazione Cannibal

Sono finiti dietro le sbarre perché gravemente indiziati di aver commesso, in concorso tra loro, un tentato sequestro di persona, violenza privata e lesioni aggravate in danno di un cittadino rumeno residente a Campo di Carne. Si tratta di  Valter Miliucci, 60 anni originario di Sezze, Angelo Cavacece, 74 anni di Aprilia e di suo figlio Michele, 38 anni, tutti con precedenti specifici per reati contro il patrimonio e contro la persona.

Angelo Cavacece

 

I tre, al momento, sono in custodia nel carcere di Latina grazie ad una brillante operazione del Commissariato di polizia di Anzio guidato dal Primo dirigente Mauro Baroni. L’ordinanza di custodia cautela emessa dal giudice per le indagini preliminari di Latina Nicola Iansiti sulla base di indagini avviate a seguito del ferimento del cittadino rumeno (S.I.O. le iniziali del 31enne) avvenuto ad Aprilia il 20 febbraio di quest’anno. Lo straniero era stato raggiunto da colpi d’arma da fuoco mentre cercava di sottrarsi al suo rapimento. La violenta aggressione, come hanno accertato nell’immediato le forze dell’ordine intervenute sul posto, era stata organizzata da un gruppo composto da 7 o 8 individui che avevano intenzione di vendicare uno “sgarbo”. La vittima dell’aggressione, infatti, avrebbe rubato degli pneumatici in un capannone di Nettuno che era utilizzato dagli arrestati per nascondere auto rubate di grossa cilindrata, che proprio in quella sede venivano smontate completamente per poter rivendere i pezzi.

Valter Miliucci
Parti di auto "cannibalizzate"
Michele Cavacece

I successivi passi dell’indagine per fare chiarezza sull’aggressione hanno fatto emergere che il rumeno (solo per caso ferito al braccio e non in parti vitali dal proiettile che gli è stato esploso contro) aveva dato fastidio ad una vera e propria organizzazione criminale dedita in via esclusiva al furto e alla ricettazione dei pezzi di vetture prestigiose, soprattutto Mercedes, che poi smerciavano ad associati dell’Est Europa. Il gruppo di aggressori aveva intenzione di rapire il 31enne sotto casa sua e poi dargli una lezione. I loro piani sono falliti solo a causa dell’energica reazione della vittima, che dopo una violenta colluttazione è riuscito a scappare seppur ferito e sanguinate (le lesioni riportate sono state giudicate guaribili in 15 giorni). All’identificazione di cinque componenti della banda di ladri (tutti già denunciati alla Procura di Velletri, competente per i furti avvenuti per lo più nella Capitale, oltre che a quella di Latina competente invece per l’aggressione avvenuta su territorio di Aprilia) si è arrivati dopo il rinvenimento di due capannoni di 25 mq, uno a Tre cancelli e l’altro a Casello 45, in cui erano contenuti i pezzi di 25 auto rubate e già “cannibalizzate”. In uno dei capannoni era presente anche una pressa idraulica utilizzata per compattare i pezzi inservibili e disfarsene senza lasciare traccia. I malviventi, ha spiegato il Primo dirigente Baroni,  nel momento in cui rubavano le auto facevano di tutto per trovare in tempi rapidissimi dei posti schermati e disinserire il gps. Il “taglio” delle vetture, invece, dovrebbe essere stato fatto in garage attrezzati tra Roma e Nettuno. A novembre dopo aver messo le prime 15 auto nei due capannoni di Tre Cancelli e Casello 45 con i proprietari delle due strutture,  all’oscuro dei traffici, con un’indagine già avviata, la banda non si è persa d’animo ed ha messia segno altri 10 furti. Ai capannoni e al ritrovamento delle auto si è arrivati grazie ad un colpo di fortuna, quando il gps di una delle vetture non si è disattivato e la polizia ha trovato il capannone di tre Cancelli, occultato con cumuli di bottiglie di plastica, per dare l’impressione di non essere operativo. Identificato il titolare del capanno e viene sentito e minacciato da chi lo aveva affittato. La parte italiana della banda usava la componente rumena per la bassa manovalanza e per le intestazioni degli affitti, in modo da fuorviare eventuali controlli. Il giro d’affari del gruppo, evidentemente ben organizzato, considerando che le auto “cannibalizzate” valgono molto di più di quelle vendute integre, si aggirava sui 350\400mila euro ogni due o tre mesi. Le indagini proseguono per arrivare ad identificare gli altri componenti del sodalizio criminale.

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