[Fonte http://giovannidelgiaccio.wordpress.com/]
L’immagine della ruspa parcheggiata sulle vasche dell’antico porto neroniano resta l’immagine simbolo – in negativo – del 2013 ad Anzio. Ora che scopriamo che la società che sta realizzando i contestati lavori è destinataria di un’interdittiva antimafia arriviamo persino a comprendere la sfrontatezza di quel “parcheggio“. Ci informa il collega Andrea Palladino al sempre molto addentrato e documentato su vicende del genere. Un’interdittiva non è una condanna e per la Ilcem vale la stessa presunzione di innocenza che abbiamo per tutti. Quello che sarebbe interessante conoscere – ora anche alla luce di questa rivelazione – è cosa hanno fatto l’Ardis, l’agenzia regionale per la difesa del suolo, la Regione Lazio, la Soprintendenza e il Comune di Anzio dopo che il cantiere si è “appropriato” di un pezzo di area archeologica in quel modo.
E sarebbero interessanti le risposte – che non risultano ancora arrivate – ai cittadini che trasversalmente si sono riuniti in un comitato di tutela dell’area con la volontà di comprendere il progetto, quel lungo braccio di cemento che copre i resti archeologici, chi l’ha deciso e quando, con quali pareri. Perché se va tutelato l’antico porto, a maggior ragione ha da esserci chiarezza su come si procede. A questo punto anche su chi procede, come, sulle informazioni che Ardis, Regione, Soprindentenza e Comune hanno avuto o meno rispetto ai sospetti sull’azienda.
Che per ora tali restano, attenzione, ma che a maggior ragione dicono che serve trasparenza sull’intera opera. Perché quell’immagine resta un pugno in un occhio e speriamo tanto che qualcuno alla Ilcem l’abbia almeno fatto notare…
[Fonte http://giovannidelgiaccio.wordpress.com/]