Questa settimana parliamo di un film appena approdato nelle sale cinematografiche italiane riscuotendo, per adesso, un discreto successo. Il protagonista della storia è un uomo, un “vecchio“, che nel giorno del suo centesimo compleanno siede nella sua stanza aspettando che le infermiere entrino portando con loro una gigantesca torta, ma attenzione, non si tratta di una comunissima torta, si parla nientepopodimeno che di un dolce di marzapane. Eh, signori miei, non capita mica tutti i giorni che in una casa di riposo si trovino codeste prelibatezze. Ma via, non perdiamoci in ghiottonerie e andiamo avanti con le nostre elucubrazioni narrative. Il signore in questione è Allan Karlson (Robert Gustafsson), e dopo una breve carrellata di titoli di testa, si presenta in tutto il suo ordinario, silente splendore. “Ancora incerto sul da farsi, se ne stava seduto nell’aiuola di viole del pensiero che correva lungo uno dei lati della casa di riposo. Indossava una giacca marrone e pantaloni dello stesso colore, ai piedi un paio di pantofole sempre marrone. Non si poteva certo dire che seguisse la moda, ma a quell’età si trattava senz’altro di un fatto perdonabile”. Mancano davvero pochi minuti alla festa e in men che non si dica il nostro protagonista decide di scappare, e così, appoggiata una seggiola accanto alla finestra, salta da quest’ultima e comincia a camminare, apparentemente, senza una meta. Arriva alla stazione dei pullman dove, con i pochi soldi a lui appartenuti, compra un biglietto per una località piuttosto insolita e sconosciuta al grande pubblico. In quello stesso momento si imbatte in un giovane che non riuscendo a far entrare la sua valigia all’interno del minuscolo bagno della sala d’aspetto, gli chiede di controllargliela fino a che non ne fosse uscito. Allan, molto elegantemente, dopo che il ragazzo ha chiuso la porta, vede arrivare il pullman e lo prende portando con se la valigia.
“Quel pomeriggio il pullman era tutt’altro che affollato. Sul fondo sedeva una donna di mezz’età salita a Flen, al centro c’era una giovane madre che a Solberga aveva sudato sette camicie per introdursi nel veicolo con i due figli, mentre davanti c’era un uomo molto vecchio che si stava giusto chiedendo la ragione per cui aveva appena rubato una grossa valigia grigia dotata di quattro rotelle. Forse perché non gli era costato niente? O forse perché il proprietario era uno zotico? O, ancora, perché la valigia poteva contenere un paio di scarpe e, chissà mai, un cappello? O forse perché non gli era costato niente? O forse perché non aveva niente da perdere?” Non può sapere che quel figuro fa parte di una banda criminale dedita al traffico della droga e che da quel momento comincerà a dargli una spietata caccia. Da qui si snoderanno una serie di tragicomici eventi che ci faranno conoscere la vita e le opere del grande Allan, esperto di esplosivi e coccolato da tutte le dittature mondiali del “passato“. Della durata di centocinque minuti, a colori, diretto da Felix Herngren e tratto dal bestseller di Jonas Jonasson “Il centenario che saltò dalla finestra e scomparve” è un delizioso film in perfetto stile svedese che non potrà fare altro che farvi riflettere sul significato delle azioni e magari anche sulle loro conseguenze. Durante il suo viaggio Allan ricorda spezzoni della propria esistenza a partire dall’infanzia, dove comincia a nutrire la passione per le esplosioni, passando dalla giovinezza, quando diventa un dinamitardo nella guerra Civile Spagnola, fino ad arrivare alla fase matura della sua vita, nella quale stringe amicizia con il Dittatore Franco e successivamente collabora al Progetto Manhattan. Insomma, “creare per distruggere” è sempre stato il suo grido di battaglia. E’ da sottolineare che Allan non è un genio, anzi, diciamo che grazie alla sua ingenuità è riuscito a mostrarsi per come realmente è: un uomo semplice con una grande, unica passione. Le bombe. Per questo motivo molti critici, sia letterari che cinematografici lo hanno definito il Forrest Gump della nuova generazione.
Nel film sono presenti moltissimi personaggi secondari, più di quanto si possa immaginare; per questo specifico motivo non si riesce, pur volendolo, a staccare gli occhi dallo schermo. Un conto è assistere alla visione di un film noioso, un altro è assistere alla visione di un film noioso con una mole di cambiamenti che non danno neanche il tempo di abituarsi a quelli precedenti. Se poi constatiamo che il film in questione è addirittura piacevole, allora i giochi sono presto fatti. Una delle poche pecche di questo lavoro è che non è di facile memorizzazione; mi spiego: dopo aver visto un film capita di avere lo stimolo di riguardarlo una, due, addirittura tre volte, come avrebbe voluto Truffaut. In questo caso quello stimolo non c’è. Ma poco conta, l’importante è che si esca dalla sala con un candido sorriso. Sintetizzando: “Il centenario che saltò dalla finestra e scomparve” è un film molto gradevole ma che non sfiora l’eccellenza; reso ricco dai riferimenti storici e dalle ricostruzioni sceniche, spezza sicuramente una lancia in favore del cinema nordico, che, ancora poco conosciuto nel nostro Paese, ha sempre bisogno di nuovi sostenitori. Tra centauri, elefanti, “pisciatine” a cielo aperto, morti che non sembrano morti e battute degne di una “ricercata ironia“, questo film è sicuramente degno di essere visto.