Tanti pensieri si accumulano nella testa di chi non conosce, di chi ipotizza, di chi promuove con forza un atteggiamento di resa incondizionata ma ancora legato a quella poca arrendevolezza che spinge a temporeggiare. E quando si “perde” del tempo non essendo a conoscenza di tutti i fatti diventa una battaglia personale, interiorizzata, maltrattata. Il film che vi presento questa settimana è crudo, freddo, lento e parla di una “resa” ancora priva di conclusione, di riscatto, di verità; un oscuro segreto che per anni è stato celato da chi non voleva fare sapere la verità. E’ una parte della storia che molti tendono a sorpassare durante un racconto. E’ la parte della storia che si dovrebbe conoscere e che invece viene integrata in un riassunto per ragazzi poco propensi all’approfondimento.
Presentato l’anno scorso al Toronto Film Festival, vincitore del Premio Fipresci per la sezione “Special Presentation”, della durata di ottanta minuti, in bianco e nero, prodotto tra Polonia e Danimarca, distribuito dalla Lucky Red e diretto da Pawel Pawlikowski, “Ida” è un film ambientato nella Polonia del 1962 che narra la storia di Anna (Agata Trzebuchowska), una giovane orfana che vive in un convento in attesa di prendere i voti. Pochi giorni prima della “chiamata“, la ragazza viene convinta dalla madre superiora a far visita alla sua unica parente ancora in vita: la zia Wanda (Agata Kulesza), che, pur essendo a conoscenza di avere una nipote, non hai mai avuto neanche il minimo interesse nel contattarla e conseguentemente di conoscerla. Anna parte per Varsavia e le due si “ritrovano“. Wanda, ex Pubblico Ministero Comunista durante la Seconda Guerra Mondiale, senza troppi giri di parole le racconta tutto: lei non si chiama Anna ma Ida, le sue origini sono ebree, è una sopravvissuta dell’Olocausto e i suoi genitori sono morti. Le due donne, molto diverse tra loro, cercano di entrare in contatto; essendo entrambe di poche parole (ma molto efficaci) i dialoghi sono quasi sempre ridotti all’osso conservando sempre una “dirompente determinante” che perfettamente delinea i loro caratteri.
Le due, come già detto, sono l’opposto l’un dell’altra ma qualcosa di molto forte le accomuna: sono determinate. Sincere. Una piena di dubbi, l’altra di rabbia. Decidono di scoprire dove sono sepolti i membri della loro famiglia e così cominciano ad indagare. Durante la ricerca Wanda spingerà Ida a sperimentare le gioie dell’amore e del sesso e cercherà di fare in modo che la ragazza capisca che il mondo in cui ha vissuto fino ad allora non è altri che un paravento fatto di finzioni e di preghiere: “Hai mai avuto pensieri peccaminosi?” Ida, inizialmente molto perplessa e “confusa” asseconderà i suggerimenti di sua zia proprio nel momento in cui fa il suo ingresso all’interno della narrazione un giovane musicista zingaro (Dawid Ogrodnik) che gira la Polonia in cerca di lavoro e che si innamorerà di lei non nascondendole nulla di ciò che gli passa nella testa: “Hai idea dell’effetto che hai sugli uomini?” La fine, se così si può dire, non potrà essere all’altezza della situazione. Le due scopriranno la verità e una di loro la pagherà a caro prezzo. Dunque, ricapitoliamo: la sceneggiatura è quasi assente ma allo stesso tempo molto completa e il tocco registico, molto, molto curato, ci regala delle inquadrature perfette, pulite ed esatte che incontrovertibilmente richiamano quelle del cinema che si posiziona a metà tra il Neorealismo e gli anni d’oro del Cinema Hollywoodiano. La passione per i particolari che non tutti riescono a vedere unito alla estrema bravura delle attrici, regalano a questo lavoro l’attenzione che merita. Ottanta minuti non sono molti per un film vincitore di numerosi premi, ma è proprio per questo che vale la pena andarlo a vedere.
Un lavoro che sviscera la psicologia femminile con precisione, lucidità e rigore senza perdere mai di vista l’obiettivo finale: la conquista della verità. Una verità dolorosa e ingiusta che per tanti decenni ha fatto in modo da condizionare le vite altrui. Il film “costruisce uno straordinario dramma intimo, esplorando le contraddizioni della fede e della vita laica, ma anche i tragici retaggi, ancora presenti, dell’antisemitismo, in un’epoca cruciale della storia del suo Paese”. “Ida” è un film per tutti e per nessuno che sviscera il racconto laddove è più fragile. Nessuno di noi vorrebbe essere messo di fronte ai propri limiti e ai propri dolori; questo film, in qualche modo, ha aiutato a garantire quella sorta di “rivincita” sulla storia che, pur essendo stata maledettamente forte e vittoriosa, deve ancora fare i conti con qualcuno che ancora la sfida a testa alta.