Centro antiviolenza, il Consiglio boccia la proposta

La mozione era stata presentata dal consigliere comunale di Fdi-An Davide Gatti

Donne vittime di violenza. Questione presa a cuore, da mesi, da Fratelli d’Italia e dal dipartimento Tutela Vittime della Violenza, tanto da presentare al consiglio comunale una mozione che martedì scorso è stata respinta. Dal consigliere comunale Davide Gatti era partita la proposta di istituire, sul territorio, un centro antiviolenza al quale rivolgersi per casi di maltrattamenti. “Nel corso del consiglio comunale il Sindaco Luciano Bruschini, dopo aver affisso cartelli contro il femminicidio, dopo aver patrocinato convegni sullo stalking, dopo aver permesso di spendere 3500 euro per lezioni da 60 minuti in un giorno di “difesa personale” respinge la mozione di Fratelli d’Italia Anzio – commentano dal Dipartimento – che chiedeva l’istituzione di un centro antiviolenza, previsto da legge nazionale, ed ha affermato ‘nessun centro ascolto. Ci si rivolga a carabinieri e polizia’. Ci viene da chiedere come mai le vittime non ci abbiano pensato…”. A seguito della bocciatura, la referente Dipartimento Tutela Vittime Anzio Chiara Di Fede, criminologo clinico, ha scritto una lettera al sindaco, invitandolo a riflettere “sul perché spesso la denuncia sia proprio il passo più complesso da compiere per una donna vittima di violenza e sul perché siano fondamentali i centri antiviolenza così frettolosamente liquidati. Non è sufficiente suggerire alle vittime di rivolgersi alle forze dell’ordine sul territorio. Secondo uno studio dell’Istat del 2012 il fenomeno del maltrattamento alle donne avrebbe assunto dimensioni preoccupanti. Sempre più donne subirebbero violenza di ogni tipo, ma senza denunciarla. Una delle spiegazioni suggerite per comprendere la difficoltà delle donne alla denuncia del maltrattamento è quella che vede la donna maltrattata soffrire di una vera e propria sindrome: la Sindrome della Donna Maltrattata – si legge – In particolare, il primo stadio di questa sindrome sarebbe rappresentato dalla Negazione. Le donne negherebbero agli altri, e prima ancora a loro stesse, di essere vittime di violenza. L’aspetto caratteristico delle violenze domestiche, che non si ritrova in nessun altro tipo di crimine, è la stretta relazione tra la vittima e il reo.

All’interno di una coppia esiste un “doppio legame“ che regola le azioni di entrambi, in un mutuo accordo fatto di regole più o meno esplicite. Ciascuno permette all’altro di arrivare fin dove lo si autorizza. Quando queste regole vengono violate si può arrivare al fatto illecito, al maltrattamento. Accanto a chi vìola le regole (e cioè il maltrattante) c’è chi tali regole dovrebbe esigerle (cioè la donna maltrattata). Ed accade quindi che la maggior parte della donne non denuncia le violenze subite. Tra le motivazioni indicate, emerge la scarsa gravità della violenza subita (64,3%), il fatto che questa fosse un fatto privato (5,8%), il non volere che il partner venga arrestato (8,3%), il timore delle conseguenze (4,9%), la vergogna e l’imbarazzo (4,1 %), e ancora il senso di colpa, il bene dei bambini, il non volere la fine della relazione. I centri antiviolenza – si legge ancora – le cui modalità d’istituzione sono disciplinate dalla normativa nazionale, offrono una serie di servizi alla donna che coprono ogni sua possibile necessità, da quella medica a quella psicologica, da quella giuridica a quella economica. Questo sostegno attivo si concretizza in assistenza legale con possibilità di gratuito patrocinio, sostegno specializzato di psicologhe, psicoterapeute, pedagogiste, docenti, educatrici e assistenti sociali. Non solo; per le donne che siano riuscite a sottrarsi alla situazione maltrattante, il centro offre aiuto attivo nell’inserimento sociale e nella ricerca di lavoro. Non è sufficiente ammettere a se stesse di convivere con un uomo violento; subito dopo la presa di coscienza intervengono fattori pratici che possono apparire talmente gravosi e insormontabili da far desistere le donne in preda a quella che viene definita impotenza appresa. I centri antiviolenza hanno colto anche questa difficoltà, ed alcuni in particolare forniscono consigli pratici affinché le donne possano compiere il primo, fondamentale, passo: l’allontanamento”.