“Ride to finish”, la storia di Tony Lo Nero visibile on line

Ovvero quando lo sport in un modo o nell’altro cambia la vita

di Mauro Cugola

“I ride to finish”. Pedalo per arrivare al traguardo. Ovvero quando lo sport in un modo o nell’altro cambia la vita, fa cambiare pelle, si trasforma da prestazione fine a se stessa a medicina per il corpo e in un modo o nell’altro anche in medicina dell’anima. Sotto forma di speranza, di una vita migliore o perlomeno normale. E’ la storia di Tony Lonero finita in un lungometraggio che ora, per sei mesi, sarà possibile vedere on line. “Ride to Finish”, prodotto da una società italiana (la Movie Project) infatti è stato scelto all’interno del festival Culture Unplugged in Nuova Zelanda. Sarà possibile vederlo on line, a partire dal 16 giugno e per 180 giorni, sul sito www.cultureunplugged.com, dopo che qualche anno fa (era esattamente il gennaio del 2012) fu proiettato alla sala consigliare di Nettuno. Chi è Tony Lonero? Un italoamericano che negli anni ’80 arrivò in Italia per giocare a baseball col Nettuno, con il quale rimase dal  1982 al 1984. Proprio da queste parti però mise letteralmente radici, si sposò e terminata la carriera da giocatore iniziò quella da allenatore. Dando sfogo anche alla sua passione per lo sport, il triathlon in particolare.

Tony Lonero

Poi il 21 giugno del 2001, mi ricordo bene perché si festeggiava Sant’Antonio ad Anzio – dice Tony – mi ammalai di sclerosi multipla”. Una malattia terribile, degenerativa, che fa paura solo a nominarla. La battaglia di Tony è dura, molto più di una partita di baseball o di una gara di triathlon. Un anno dopo la bici, che prima era vista solo come strumento per combattere contro il cronometro, diventa un mezzo per rimanere in movimento. In altre parole vivo. “Mi ammalai proprio quando mi sentivo forte, invincibile, e mi ritrovai improvvisamente che facevo fatica a muovermi e rischiavo di non farlo mai più. La bicicletta, che mi venne consigliata da un dottore, mi aiutò a tenermi in movimento nei momenti in cui potevo allenarmi, e lo facevo anche se pioveva o faceva freddo. In altri invece ero costretto a rimanere a letto speranzoso di riprendere a pedalare”. Ristabilito l’equilibrio dopo la grande paura, Tony comincia a frequentare sempre più intensamente il mondo delle bici, affacciandosi per un brevissimo periodo a quello delle competizioni amatoriali. “Poco dopo essermi dalla fase più acuta della malattia partecipai ad una Gran Fondo, il Giro della Ceramica Appia, arrivai ultimo aiutato dal mio amico ed ex compagno di squadra Marco Ubani, che mi rimase accanto dal primo all’ultimo metro”. Non era quello l’approccio adatto, in quel tipo di kermesse la prestazione viene prima del piacere di pedalare ed anche volendo, il fisico di Tony era rimasto intaccato. Ecco allora che scopre il mondo delle randonnee ciclistiche. Manifestazioni che presentano un numero considerevole di chilometri da percorrere, ma in cui l’unico obiettivo è terminare entro il tempo massimo senza una classifica. Nel giro di qualche anno Tony Lonero prende parte, tra le altre, anche all’Olimpiade dei randonneur: la Parigi-Brest-Parigi. La corsa più antica del mondo su un tracciato da 1.200 chilometri da completare entro 90 ore. Lo fa nel 2007 e anche nel 2011. E oggi? Se vi fate un giro per le strade intorno a Nettuno avete buone possibilità di incontrarlo. Pedala ancora, ci mancherebbe, con un unico nemico giurato rappresentato dal traffico. “L’altro giorno ero andato a Tivoli per incontrarmi con degli amici che sempre in bicicletta tornavano dal Monte Fumaiolo, dove nasce il Tevere – dice ancora – ho avuto veramente paura del traffico che c’era e delle macchine. Bruttissime strade, penso che difficilmente tornerò da quelle parti”. Pedala, anche perché la lotta alla sclerosi multipla è esigente e richiede un impegno quotidiano. Forse è proprio questo il messaggio di “Ride to Finish” che vi invitiamo a vedere, ovviamente. Non importa quanto forte vai e se la tua bici è la più bella di tutte, l’importante è arrivare al traguardo e mantenere viva la speranza, per sé e per tutti gli altri malati di sclerosi multipla. “Io corro per arrivare”.