La trafila burocratica di Umberto e Paola, ai quali è stato revocato il permesso di operare in un chiosco-edicola in località Lido Garda
Hanno perso il lavoro, la casa, sono sommersi dai debiti, un figlio autistico. Sono disperati, Umberto e Paola, una coppia alla quale non solo la vita, ma anche la burocrazia, continua a mettere i bastoni tra le ruote. “Siamo i genitori di un bimbo autistico – raccontano – e ci troviamo di fronte ad una situazione davvero incomprensibile. Ma procediamo con ordine. Abbiamo trascorso questi primi sette anni della vita di nostro figlio cercando di far fronte ai suoi bisogni straordinari e particolari che richiedono un impegno ed una attenzione da parte dei genitori altrettanto straordinarie. L’abbiamo fatto con le sole nostre forze, con tutto l’amore di cui siamo stati capaci, senza chiedere aiuti o supporti pubblici, perché abbiamo sentito profondamente nostra l’esigenza di farci carico dei suoi problemi e di tentare di proporre delle soluzioni. Almeno fino a quando ne siamo stati in grado, avendo un lavoro che ci ha permesso di spendere grandi risorse economiche in assistenza, dedicare tempo per fargli frequentare le scuole di Roma e Latina, accompagnarlo in ogni fase del suo sviluppo”. Poi le cose sono cambiate, i problemi aumentano, e diventano insostenibili. “Purtroppo abbiamo perso entrambi il nostro lavoro, la casa, da cui siamo stati sfrattati perché non potevamo più pagarne l’affitto né tantomeno le bollette, viviamo accampati in casa di uno dei nostri genitori ed i nostri debiti continuano a lievitare. Insomma, una vera tragedia. All’inizio dell’estate, abbiamo preso l’iniziativa di attivare il chiosco di proprietà di nostri parenti in località Lido Garda: una piccola attività che, grazie alla loro generosità, ci ha aperto di nuovo alla speranza di poterci costruire un futuro onesto ed operoso”. Si tratta del chiosco edicola che si trova nel piazzale di fronte all’hotel Garda, lungo la via Ardeatina. “Appena tirate su le serrande – continuano nel racconto – si è scatenata l’ira della burocrazia comunale che, non per gravi motivi sanitari o urbanistici, ma, presumibilmente, per venire incontro a forti pressioni politiche di concorrenti locali che si ritengono danneggiati dalla nostra presenza, avrebbe deciso di decretare la chiusura della nostra modesta attività. Pur in assenza di un “piano comunale dei chioschi”, con una popolazione cresciuta di oltre 17.000 unità negli ultimi 10 anni ed un territorio a forte vocazione turistica, i nostri amministratori del Comune di Anzio ritengono che un’iniziativa di auto impiego come la nostra debba essere osteggiata e, addirittura, indotta all’annientamento. Noi ce lo siamo creato un lavoro: ora ce lo vogliono togliere, siamo disperati”.
A ripercorrere l’iter che ha portato, nei giorni scorsi, alla revoca dell’autorizzazione alla somministrazione, è Stefania Trippa, proprietaria del locale. “Ho acquistato questa edicola anni fa – dice – e l’ho data in gestione a mia cognata. Per una serie di cavilli e contestazioni burocratiche, dopo che ho fatto un investimento di centomila euro per adibire l’edicola anche a chiosco bar, mi è stata revocata, nei giorni scorsi, la Cia e la possibilità di somministrare. Dal Comune mi è stato detto che l’area in cui sorge l’edicola è vincolata alla destinazione e non è possibile realizzare su quel suolo pubblico un chiosco-bar-edicola. La beffa è che anni fa, quando la acquistai, chiesi l’autorizzazione all’Ufficio Commercio per la somministrazione di bevande e alimenti. Presentai un progetto e ottenni il permesso di costruire. Mi dissero di dichiarare, nella domanda, di avere la disponibilità dei locali in qualità di proprietario. Dopo sei mesi mi è stato contestato il fatto che dovevo dichiarare che ero il concessionario, e non il proprietario. Mi hanno teso una trappola, dicendomi che esisteva una delibera che sosteneva che in quell’area si poteva fare solo un’edicola. Ci stanno negando il diritto di lavorare. Faremo ricorso al Tar. E’ un’indecenza, al Comune di Anzio la mano destra non sa cosa fa la sinistra”.