Secondo la Cgia di Mestre. L’anno scorso ci sono costate 41,5 miliardi di euro. “Con l’introduzione della Tasi, nel 2014 ritorneremo a pagare quanto versato nel 2012: attorno ai 44 miliardi”
Nel 2013 le imposte patrimoniali che gravano sui contribuenti italiani hanno garantito alle casse statali ben 41,5 miliardi di euro. A dirlo è l’Ufficio studi della CGIA che dopo averle individuate ne ha calcolato l’impatto che quest’ultime hanno avuto sulle tasche dei contribuenti italiani. Purtroppo, la situazione per l’anno in corso è destinata a peggiorare ulteriormente. “Con l’introduzione della Tasi – commenta il segretario della CGIA Giuseppe Bortolussi – nel 2014 ritorneremo a pagare quanto abbiamo versato nel 2012: attorno ai 44 miliardi di euro. Si pensi che dal 1990 il gettito è addirittura quintuplicato. Le più onerose sono l’Imu, l’imposta di bollo, il bollo auto e l’imposta di registro: i versamenti di queste quattro imposte incidono sul gettito totale per oltre l’89 per cento”.
• L’elenco
Le imposte patrimoniali considerate dall’Ufficio studi della CGIA sono:
1) Imposta di registro e sostitutiva;
2) Imposte di bollo;
3) Imposta ipotecaria;
4) Diritti catastali;
5) ICI/IMU;
6) Bollo auto;
7) Canoni su telecomunicazioni e RAI TV;
8)Imposta sulle transazioni finanziarie;
9) Imposta sul patrimonio netto delle imprese;
10) Imposta su secretazione dei capitali scudati;
11) Imposte sulle successioni e donazioni;
12) Imposta straordinaria sugli immobili;
13) Imposta straordinaria sui depositi;
14) Imposta sui beni di lusso.
• Il gettito
Nel 2012 l’imposizione patrimoniale è cresciuta, rispetto al 2011, di 13.950 milioni di euro, un balzo di oltre il 46%. Mentre nel 2013 si è avuta una temporanea flessione dovuta all’abolizione del prelievo Imu sulle abitazioni principali.
In termini di gettito, l’imposta più pesante per le tasche degli italiani è l’Imu: nel 2013 ha garantito alle casse dello Stato e dei Comuni ben 20,2 miliardi di euro. Seguono l’imposta di bollo (6,6 miliardi di euro), il bollo auto (5,9 miliardi di euro) e l’imposta di registro (4,3 miliardi di euro).