61 cosche insediate nel Lazio, tra Anzio, Nettuno, Ostia, Frosinone, Minturno, Gaeta. “I nomi devono risuonare forte, perché più si conoscono più la mafia si indebolisce. I Nicoletti a Roma, i Sarno a Viterbo, i Bardellino a Formia, i Tripodo a Fondi. Il Lazio è la seconda regione per ecomafie e quarta per beni confiscati”. La denuncia arriva dal consigliere regionale Davide Barillari e degli altri suoi colleghi del Movimento 5 stelle, che lanciano, con una proposta di legge, la creazione di una struttura che promuova audizioni con amministratori, funzionari pubblici, prefetti, questori, forze dell’ordine e società civile, “e che riferisca semestralmente al Consiglio e alla Commissione parlamentare antimafia”. Una commissione speciale, in sintesi, di inchiesta sulle infiltrazioni mafiose. “Un supporto per fotografare un fenomeno – si legge nel documento – caratterizzato da mille volti: dal racket alla tratta degli immigrati, dall’assalto ai furgoni portavalori a quello delle intimidazioni ai presidenti delle associazioni antiracket e ai sindaci. Le mafie si interessano al ciclo del cemento, agli appalti, allo smaltimento dei rifiuti, allo sfruttamento della prostituzione, alle slot machine. Ormai dobbiamo parlare di radicamento delle mafie – dice Edoardo Levantini del coordinamento antimafia Anzio Nettuno – Ciò è testimoniato da sentenze passate in giudicato, ultima quella contro il clan Tripodo-Trani di Fondi, in grado di condizionare segmenti della politica. Le sentenze del tribunale di Latina (confermate dalla corte d’appello di Roma) raccontano del racket dei casalesi tra Aprilia e Nettuno. E dei Gallace, attivi tra Anzio e Nettuno”.