Si chiedono più controlli al quartiere di San Giacomo e che la struttura non diventi un centro di accoglienza permanente
I residenti del quartiere di San Giacomo, a Nettuno, hanno inviato una lettera al Prefetto di Roma per chiedere chiarimenti in merito all’arrivo di 40 cittadini extracomunitari. “Si premette – si legge nella lettura – che alla notte tra il 22 e il 23 ottobre sono arrivati a Nettuno circa 40 extracomunitari provenienti da Liberi,a Ghana e Sudan partiti dai centri di accoglienza di Lampedusa e alloggiati in via dei Tinozzi, in un palazzo di nuova costruzione di proprietà di un privato. Si precisa che sempre a Nettuno, nella ex casa di riposto di via Sele sono già ospitati decide di extracomunitari da diversi mesi. Si rileva che l’attuale sindaco di Nettuno non sapesse nulla dell’avvenuto. Si considera che l’organico e i mezzi delle forze di polizia del territorio è sempre più scarso nonostante l’encomiabile lavoro e sforzo che gli operatori del settore continuamente producono al servizio della comunità. Si vuole solo aggiungere che gli extracomunitari alloggiati in via dei Tinozzi sono di età tra i 20 e i 40 anni e tutti di sesso maschile. E’ facile immaginare che, nonostante la gestione della cooperativa sociale, gli stessi si recano dove vogliono e si comportano secondo le loro volontà. Si prega quindi il Prefetto di voler cortesemente: comunicare il periodo di soggiorno temporaneo degli extracomunitari in argomento, predisporre un aumento di mezzi e organico per le forze di polizia impegnate nel controllo del territorio, anche in considerazione dell’ulteriore carico di lavoro dovuto all’arrivo degli extracomunitari, non far divenire la palazzina un centro di accoglienza permanente. Eccellenza – concludono i residenti – la ringraziamo dell’attenzione posta e confidiamo in Lei conoscendo la sua attenzione al sociale ed alla tutela della sicurezza e garanzia di tutti i cittadini di Nettuno”. Resta da sottolineare che, ad oggi, non sia hanno notizie di episodi di criminalità legati agli immigrati dei centri di accoglienza di via Sele e di via dei Tinozzi, tutti in attesa del riconoscimento della status di rifugiati e dei documenti per circolare e lavorare in Italia.