[Fonte http:// giovannidelgiaccio.wordpress.com/]
Che tristezza… C’era da aspettarselo il crollo al Paradiso sul mare ed è – probabilmente – l’emblema di come sta andando in rovina questa città. Quella struttura liberty nata per ospitare un casinò mai aperto, acquistata dal Comune con quella che oggi sarebbe individuata come un’operazione di ingegneria finanziaria (mutuo del Ministero della Pubblica istruzione, a patto che ci fosse una scuola) e lasciata per anni in una sorta di limbo e di competenze mai chiarite, ci dice che è la città che sprofonda.
E’ difficile, non c’è dubbio, mettere d’accordo Comune, Provincia – oggi area metropolitana – istituto alberghiero, ma c’è da rimpiangere il sindaco Luciano Bruschini che blocca l’allora dirigente scolastico arrivato nella sala degli specchi a interrompere il consiglio comunale. Rimpiangere perché con lo stesso piglio, oggi, il primo cittadino dovrebbe prendere in mano la situazione e ordinare lo sgombero dell’edificio. Riprendersi ciò che i cittadini di Anzio hanno pagato, scuola o meno. E ragionare su cosa fare di quel palazzo, come eventualmente coinvolgere chi ha voglia di ristrutturarlo, valorizzarlo, gestirlo sempre e comunque sotto lo stretto controllo del Comune. Perché lì Fellini ha girato Amarcord, per esempio, perché lì si potrebbe fare di tutto, dalla location per i film a quella per i matrimoni, fino agli eventi culturali di ogni genere.
Ma siccome il Paradiso sul mare che crolla è l’emblema di come siamo conciati, se domani ci fosse uno sceicco arabo pronto a investire la maggioranza che “governa” la città non avrebbe la forza di portare in discussione una cosa del genere. Fa bene Marco Maranesi a sostenere che il Comune debba riprendersi la struttura, ma il capogruppo (?) di Forza Italia sa meglio di noi che fra “dissidenti” di ieri e di oggi, problemi interni, consiglieri che si prodigano nella ricerca di atti relativi a ricorsi contro il Comune, stazione unica appaltante sulla quale si cerca di capire se e come si potrà ancora “contare” nelle scelte dei dirigenti, quell’argomento difficilmente arriverebbe in Consiglio comunale. Ci si preoccupa della minutaglia, il resto – a cominciare da un programma scritto e dimenticato – può attendere.
Come il sogno di Giuseppe Polli che per il Paradiso sul Mare – o appunto di “Polli”, come lo chiamavano i nostri nonni – ha dedicato una vita e si è rovinato. Ha lasciato un messaggio chiaro, però, e almeno finché la targa che si trova all’ingresso di Riviera Zanardelli non crolla insieme al resto possiamo almeno tenerlo a mente e provare a ragionare su una città diversa. Era il 1919: “Turismo-Casinò-Moda, trinomio per i lavoratori del braccio e della mente di tutto il mondo, dalla fusione dei tre elementi sorge la vera industria turistica che non avendo mai crisi di superproduzione aiuta concretamente tutte le altre industrie; il commercio, il lavoro, e non solo bensì eleva il tenore di vita di ogni classe sociale ed allontana le guerre, possa il Dio proteggere tutti coloro che al proprio interesse sanno accoppiare quello del collettivo del popolo italiano e della patria.”
Magari, guardando al centenario di questa frase e appigliandoci all’adagio secondo il quale non è mai troppo tardi, si può immaginare che riprendersi il Paradiso sul mare equivale a ripensare a una città che non guardi solo alla minutaglia ma immagini il suo sviluppo.
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