Nettuno- L’appello di una famiglia senza casa. “Nessuno ci aiuta, mi stanno ammazzando”.

“Mi stanno togliendo tutto, la mia dignità, la speranza, la salute. Mi stanno ammazzando lentamente, vi prego di ascoltarmi”. Comincia così la storia di Maria Rita, una signora di Nettuno, disoccupata, separata, due figli, uno sfratto esecutivo a settembre 2015 dopo un primo avviso che era riuscita a schivare nel 2013 grazie a una raccolta fondi da parte di amici. Tra un mese e mezzo dovrà lasciare l’appartamento in cui abita con i figli, a via Santa Maria. Non lavora, non può uscire di casa perché soffre di ansia e attacchi di panico, non ha i soldi per pagare l’affitto né per trasferirsi in un’altra. E’ una delle tante situazioni disperate che le istituzioni non hanno la capacità o i mezzi per affrontare, gente invisibile che negli ultimi giorni ci ha contattato per portare alla luce un’emergenza casa, sul territorio, di livello allarmante. C’è chi arriva a occupare l’appartamento, chi rivendica i posti che vengono assegnati ai richiedenti asilo, chi è arrivato a scrivere al presidente della Repubblica, come ha fatto Maria Rita, riuscendo perfino ad ottenere una risposta che però non ha portato a nulla.

“Gentile signora – si legge in una lettera del segretariato generale della Presidenza della Repubblica – Voglio anzitutto rassicurarla riguardo all’attenzione che la presidenza della Repubblica riserva al su0 caso, in merito al quale non si è mancato di investire nuovamente la competente Prefettura di Nettuno. La esorto davvero a non scoraggiarsi e le auguro che le sue problematiche possano trovare positiva soluzione”. Ma a conoscere il caso di Maria Rita, a Nettuno e Anzio, sono in molti. La signora infatti ha scritto a tutte le istituzioni preposte, chiedendo aiuto, rivolgendosi più volte in Comune. Invano. “Sono entrata in questa casa nel 2009, pagavamo 500 euro al mese di affitto. Poi mio marito se ne è andato, in famiglia siamo tutti disoccupati, i miei ragazzi hanno 20 anni. Mia figlia sta tempestando di mail tutti quanti. Un giorno è stata convocata dal Commissariato di Anzio, ufficio informativa, per dare spiegazioni a seguito dell’invio di una lettera al presidente del Consiglio in cui raccontavamo la nostra situazione. Ma niente si è mosso”. Poi la richiesta di aiuto in Comune. “Mi sono messa in contatto con Samantha Stivaletti – racconta Valentina, la figlia – e mi ha mandato dal dirigente Faraone. Dopo un’ora di attesa fuori dalla porta ho bussato, mi ha fatto finalmente entrare, e mi ha risposto che loro non potevano fare niente per noi e che non possono darci una casa popolare  perché non siamo tra i primi in graduatoria. L’unica cosa che ci è stata detta è che se si liberava un posto potevano mandarci al Don Orione”.

Un centro di accoglienza, la soluzione prospettata dal Comune. “Ma come è possibile che un Comune voglia spedire una famiglia disperata in un centro di accoglienza? – continua Maria Rita – Ci stanno buttando per strada, come immondizia. Nessuno è capace di ascoltare. L’unica cosa che provano verso la mia situazione e forse quella di altre famiglie messe nella mia stessa condizione, è un’indifferenza profonda, un menefreghismo totale che mi annienta e mi fa arrivare ad una depressione profonda”. La casa di via Santa Maria, che presto tornerà in mano al proprietario, è in condizioni precarie. Muffa e umidità ovunque.

“Non abbiamo neanche una macchina dove andare a dormire se ci mandano via. Non abbiamo parenti. Non so chi interpellare per farmi ascoltare. Nel paese in cui vivo hanno dato 11 villette di nuova costruzione ai profughi, mandati dalla Prefettura di Roma. Io non sono razzista, ma non concepisco perché a loro si e a me no? Le vite delle persone non sono evidentemente tutte uguali. Evidentemente i profughi sono in questi ultimi tempi diventati delle macchine da soldi per arricchire le tasche di chi di soldi ne ha già a palate, a discapito di quelli come me, che di soldi non ne hanno per potersi comprare una vita dignitosa, o la vita in se stessa. A Nettuno, inoltre c’è gente che vive nelle case popolari pur avendo attività commerciali, un lavoro, un’auto. Ci sono inoltre altre persone che hanno case popolari e le subaffittano. Le ho provate tutte, non so più che cosa fare. Ho una rabbia viscerale che mi sta annientando e che sta minando la mia salute psicofisica. Sono terrorizzata dal perdere quelle poche cose che ho ma soprattutto sono terrorizzata dal fatto che c’è anche la possibilità in questa situazione di poter esser divisa dai miei figli. Non ce la farei a sopravvivere in una situazione del genere. Ho bisogno di qualcuno che mi ascolti, con il cuore, e che possa fare qualcosa per me e per la mia famiglia. Sono disperata, non riesco nemmeno più a dormire la notte, non mangio, vivo costantemente con l’angoscia, con il terrore. Arriva il mattino e non vedo l’ora sia sera perché passi la giornata, sperando che il giorno dopo ci possa essere una buona notizia, invece nulla. Ogni giorno che passa è sempre peggiore di quello precedente. Non voglio farmi illusioni, ormai ho finito anche di illudermi, però ringrazio fin d’ora di cuore chiunque si potrà interessare al mio caso e chiunque farà anche il piccolo gesto di condividere questo mio problema in qualsiasi modo, anche magari passando la voce a terzi, per me significherebbe tantissimo”.