di Nicoletta Scalera
In un periodo di sempre più evidente crisi della politica tutta – esattamente come della società italiana, e non solo – riflettere sui valori della sinistra a partire dagli insegnamenti della cultura legata innanzitutto al territorio ci è parso del tutto funzionale all’individuazione di proposte fattive e di nuove soluzioni. E’ stato per me un piacere incontrare il consigliere comunale di Anzio di area PD, Enzo Toselli
Architetto, lei è nato e cresciuto ad Anzio? Come ha visto cambiare il suo territorio negli ultimi decenni? Ho alcuni ricordi nitidi della Anzio della mia infanzia che ben caratterizzano i cambiamenti repentini che sono intervenuti sul territorio negli ultimi decenni: i ragazzi che si tuffavano nelle acque allora limpide del porto per raccogliere le monetine lanciate dagli avventori dei ristoranti; i “villeggianti” romani e i residenti delle ville signorili del centro non molto ben visti dai “portodanzesi” veraci accomunati da una conoscenza reciproca caratteristica dei piccoli paesi di mare; il treno a vapore che, per un certo periodo, continuò ad essere utilizzato in alcuni casi anche dopo l’introduzione delle locomotive elettriche; i boschi oggi scomparsi; l’entroterra agricolo coltivato; i vigneti di Paiella e Colle Cocchino oggi estirpati per fare posto alle case; i piccoli insediamenti rurali di Falasche e Pocacqua… Una dimensione umana e una struttura urbana oggi distanti anni luce. Poi la devastazione causata dalla speculazione edilizia e dall’assenza di una sana e lungimirante pianificazione del territorio, fino all’attuale Piano che ha assestato il colpo di grazia snaturando vocazioni e potenzialità residue e facendo somigliare Anzio sempre più ai dormitori della periferia degradata di Roma, con le stesse criticità sociali e demografiche.
Quando è cominciata la sua militanza politica? E la sua esperienza all’interno del Consiglio comunale? La passione politica nasce negli anni del Liceo e devo ad una insegnante di lettere di quegli anni l’interesse e la passione per il bene comune che poi si è trasformato in militanza attiva nella sinistra storica. La mia formazione è stata senz’altro segnata positivamente dal mio impegno nel P.C.I. di Enrico Berlinguer, autentica palestra di vita oltre che di crescita intellettuale e politica. Giovanissimo sono entrato in Consiglio Comunale impegnandomi a fondo anche nel Partito, poi negli anni immediatamente successivi alla laurea ho dovuto rallentare l’impegno politico per dedicarmi maggiormente al lavoro e alla famiglia che nel frattempo avevo formato, senza tuttavia smettere di contribuire per quanto mi era possibile alle iniziative e alle lotte in difesa del territorio e del bene comune. Sollecitato dal Partito, ho accettato la candidatura alle ultime elezioni comunali e, rieletto, sono tornato in consiglio dove cerco di svolgere in maniera incisiva il mio ruolo di opposizione, sicuramente più difficile rispetto alla precedente esperienza degli anni della mia gioventù a causa del degrado che la politica ha subito anche a livello locale.
Vedo nel suo studio una dedica di Bruno Zevi, un grande architetto e, per questo – dal mio punto di vista – inevitabilmente anche un grande militante. Dove nasce la sua passione per l’architettura? La scelta della facoltà universitaria è uno dei passaggi più difficili della vita di studente quando, come nel mio caso, ci si interessa di tutto ma non si ha una passione e predilezione esclusiva per una materia. La facoltà di architettura è stata la mia scelta sofferta, ma la passione per l’architettura è sbocciata successivamente nel corso degli studi e ha un nome preciso: Bruno Zevi. Andavo a seguire le sue lezioni di Storia dell’architettura pur non essendo iscritto al suo corso e ogni volta ne uscivo rapito dalla sua immensa cultura e dalla sua concezione dell’architettura. E’ là che ho imparato, come lui ripeteva spesso, a “pensare spazialmente”.
Se dovesse disegnare Anzio, nella sua forma odierna ma soprattutto nel suo tessuto connettivo, come la rappresenterebbe? Mi riferisco non solo alle strutture private e pubbliche ma anche all’eterogeneità della società che risiede in questo territorio oggi. Il giusto assetto di una città è strettamente connesso alla capacità di riconoscersi in essa da parte di chi la vive, alle dinamiche sociali presenti e all’identità che se ne vuole definire. Ridisegnare Anzio significa innanzitutto tutelarne e riscoprirne l’identità che si è andata perdendo negli anni. Non si tratta di tornare ad un passato oggi improponibile ma di creare, attraverso operazioni mirate, una immagine e una identità riconoscibile e un livello alto di vivibilità: difendere e valorizzare la specificità di ogni singolo quartiere periferico creare in ciascuno di essi poli di grande qualità urbana che ne innalzino l’effetto città in un sistema policentrico che trova nel centro cittadino il fulcro del’assetto dell’intero territorio comunale.
E se potesse ri-disegnarla, quali modifiche apporterebbe? Innanzitutto occorre revisionare il Piano vigente che sta trasformando Anzio in una informe e indistinta villettopoli di scarsa qualità urbana ed edilizia. Attraverso una giusta sovrapposizione di funzioni (lavoro, residenza, tempo libero) e servizi pubblici e/o privati di interesse collettivo creare una armonica vivibilità del territorio in ogni periodo del giorno e nei vari periodi dell’anno e bloccare così la tendenza in atto di trasformarlo in luogo di sola residenza per gente che lavora e di fatto vive altrove e ad Anzio dorme solamente.
Il berlusconismo e il suo genetico rampantismo hanno prodotto in tutta Italia frotte di sedicenti “politici” che hanno fatto dell’improvvisazione addirittura un mestiere, spesso anche molto ben retribuito.
Che senso ha oggi dedicarsi alla politica? Dove si trovano le motivazioni? Bisogna necessariamente essere ottimisti sul futuro della politica e sulla tenuta di una sua connotazione fortemente democratica, altrimenti c’è il populismo, il qualunquismo, l’autoritarismo. Le motivazioni, soprattutto per i giovani, stanno nella consapevolezza che solo attraverso la difesa e il miglioramento del bene comune si possono migliorare anche le proprie condizioni personali. Esattamente il contrario dei disvalori del berlusconismo che si basano sull’esaltazione dell’individualismo più bieco, cinico, immorale.
Dopo decenni di democrazia cristiana, dopo tangentopoli e dopo Berlusconi e il suo sfascismo mediatico, che Italia vede? C’è da ricostruire una etica della politica che non può più essere concepita come un qualsiasi mestiere o come strumento di carriera o scorciatoia per l’affermazione di interessi personali al limite della legalità o comunque in contrasto con l’interesse generale. Il berlusconismo non morirà con la fine politica di Berlusconi poichè ne è permeato ogni aspetto della società, dunque i tempi della rinascita dell’Italia non saranno brevi. Tuttavia non possiamo pensare che il Paese che ha prodotto fasi storiche esaltanti, pur nella loro diversità, come il Rinascimento, il Risorgimento, la Resistenza, possa sprofondare definitivamente nella palude putrida del berlusconismo.
L’Italia sta andando davvero in Europa o si sta invece avvicinando sempre di più al Nord Africa? Si parla tanto di “capacità di accoglienza” ma siamo davvero pronti? Il futuro dell’Italia sarà multietnico e multiculturale. Non c’è alternativa nel lungo periodo alla politica dell’accoglienza e dell’integrazione. Nessuno potrà fermare le masse enormi di diseredati che premono dal sud del mondo, neanche le cannonate promesse ai migranti dai ministri della Lega del passato governo. C’è allora la necessità di affrontare con coraggio la questione gigantesca dell’uso delle risorse del pianeta sia in ambito europeo che in ambito mondiale. Dunque per l’Italia non c’è alternativa ad una sempre più forte Europa soprattutto dal punto di vista politico. L’Europa resta per noi l’orizzonte entro cui collocare ogni tematica sovranazionale.
La grande sete di rinnovamento e di riscatto di etica che attraversa oggi, sotto varie forme, molta parte del mondo, è presente anche nel nostro territorio? Non vedo una grande attenzione e spinta al rinnovamento della politica in ambito locale da parte dei vari esponenti politici. Sento però che questa spinta è forte nella gente comune anche se ancora non si manifesta con forza in forma organizzata. Spetta alla sinistra sapere raccogliere questa necessità e farsi promotrice di idee e proposte in tal senso che producano un reale cambiamento che però non può essere inteso solo come sostituzione di persone.
Col fallimento del berlusconismo in futuro ritroveremo nella politica italiana la malattia endemica dell’interesse personale e del clientelismo o c’è speranza di vedere una popolazione più attenta e reattiva nei confronti dell’amministrazione pubblica? Recenti mobilitazioni, spontanee o organizzate in comitati, come quella sul referendum per l’acqua pubblica, testimoniano che c’è un forte risveglio delle coscienze sulle questioni di interesse collettivo. C’è bisogno di scelte chiare e decise che sappiano recuperare in positivo il qualunquismo strisciante dell’antipolitica. Ad esempio credo che siano ormai ineludibili alcuni interventi tesi neutralizzare la così detta casta, a ridurre i costi della politica per farla tornare ad essere sinonimo di un impegno di grande valore etico e non semplice deteriore gestione del potere come viene oggi percepita dal cittadino comune. La speranza è che cresca un vasto movimento giovanile, come in altri recenti periodi storici, che sappia imporre una rinascita del Paese e delle Istituzioni ai vari livelli.
La questione ambientale è innegabilmente un’emergenza. Quali sono oggi le possibilità di tutelare l’ambiente e di garantirne una sana fruibilità pubblica? E’ ora di assumere le questioni del territorio, delle fonti energetiche, dello smaltimento dei rifiuti, della difesa delle falde acquifere, della gestione pubblica dell’acqua, della qualità dei centri urbani cioè di una generale sostenibilità ambientale come questione centrale di qualsiasi politica a qualsiasi livello nazionale regionale e locale. La principale caratteristica di una forte sinistra del futuro deve essere proprio quella di saper coniugare la difesa del territorio e la tutela ambientale con la necessaria creazione di infrastrutture e servizi. Quello che con uno slogan anche un po’ abusato si definisce “sviluppo sostenibile” e che riguarda non solo il modo di consumare ma anche il modo di produrre e i rapporti tra i vari soggetti del mondo del lavoro. Esempi positivi, per alcune tematiche come ad esempio per la questione rifiuti, non mancano in altri Paesi europei. Basterebbe saper copiare quello che altri hanno già sperimentato positivamente. Purtroppo i condizionamenti di interessi anche criminali che trovano sponda nella politica non consentono di farlo. Ma qui il discorso si sposta sul tema della legalità e della trasparenza degli atti amministrativi strettamente connesso ad ogni aspetto della cosa pubblica.