La sentenza, che ribadisce il giudizio pronunciato in primo grado contro il cinquantenne indiano, Vijaj Kumar, è stata emessa dalla I Corte d’assise d’appello di Roma. Un violento contrasto con il figlio ventunenne rientrato a casa oltre l’orario previsto. Una lite familiare nata in una casa di Anzio, sul litorale romano, e finita in tragedia, dopo una coltellata in pieno torace che toglie la vita al giovane. Sono questi i fatti per cui Vijaj Kumar, indiano di 50 anni, si è visto confermare dalla I Corte d’assise d’appello di Roma, presieduta da Mario Lucio D’Andria, la condanna a 15 anni e 4 mesi di reclusione per omicidio volontario aggravato, emessa in primo grado dal gup di Velletri, il 25 settembre dello scorso anno. I fatti risalgono all’11 aprile del 2009, quando la vittima, Vipan Kumar, bussò alla porta di casa intorno a mezzanotte e mezza, senza ricevere risposte. Troppo tardi rispetto al “diktat” dato dai genitori che avevano chiuso a chiave l’ingresso per punire il ritardo del figlio. Il giovane iniziò subito dopo a prendere a pugni la porta di casa, minacciando di sfondarla. Una reazione che spinse la madre del ventunenne a cedere e a farlo entrare. Una volta in casa, però, nel violento litigio nato tra padre e figlio, il genitore non trattenne la rabbia e colpì a morte il ragazzo con un coltello da cucina.