Caro Alessandro,
ho trovato interessante e particolare il tema trattato in questa rubrica, e così ho pensato di inviarti subito una mia riflessione a riguardo.
Ho tratto spunto dall’immagine stessa della rubrica: la mia esperienza, infatti, per quanto possa sembrare stupido, inizia proprio con una tazzina di caffè! Ho recentemente avuto come ospiti in casa dei ragazzi stranieri, ed una delle scene che più di tutte mi è rimasta impressa è stata la colazione di una delle prime mattinate. Avevo la caffettiera sui fornelli, quando uno dei ragazzi mi ha chiesto cosa fosse. «Caffè» ho risposto con naturalezza. Per me era la risposta più ovvia del mondo, ma per lui evidentemente no: la sua espressione, infatti, era un misto di perplessità e stupore. Interpellato anche l’amico, è uscito fuori che nemmeno lui sapeva cosa stessi facendo. All’inizio rimasi incredulo, ma poi capii il motivo: loro non avevano mai visto preparare un caffè all’italiana, erano stati sempre abituati a quello di tipo americano, molto più diffuso all’estero rispetto al nostro. Al contrario, io non avevo mai visto preparare un caffè all’americana, e non avevo la minima idea di come si facesse. Così siamo andati al supermercato, abbiamo comprato il necessario, e mi hanno insegnato.
Non avrei mai immaginato che tra differenti culture si potesse arrivare ad una simile mancanza di comprensione, o ad una simile diversità nelle abitudini da rendere addirittura incomprensibili le azioni dell’altro. O perlomeno, non pensavo che potesse accadere riguardo a cose così semplici e quotidiane: il caffè è diffuso ovunque, fa ormai parte della vita delle famiglie di tutti i popoli del mondo. Le differenze culturali non sono da sottovalutare, anche nei più piccoli dettagli. Ed a volte possono generare delle piccole situazioni imbarazzanti e simpatiche come quella che è successa a me 🙂
Ti faccio i miei migliori auguri per la rubrica!
Amerigo
Caro Amerigo,
ti ringrazio innanzitutto per gli auguri. Mi fa piacere che tu abbia preso l’iniziativa di scrivermi: hai compreso appieno la natura di questa rubrica, e sono sicuro che il tuo intervento fungerà da esempio per tutti gli altri lettori.
Caffè. Caro caffè! Un elemento ben radicato nella nostra cultura e nella nostra tradizione. Per qualcuno un vizio, per qualcun altro un abitudine giornaliera. Quale immagine poteva meglio rappresentare una rubrica che parla della quotidianità e della vita di tutti i giorni? Un interessante spunto il tuo, che non considero per niente “stupido”. Anzi, si inserisce perfettamente nello stile di riflessioni adottato da questa rubrica, cioè spesso e volentieri ispirate da eventi minimi o insignificanti.
La storia che ci hai raccontato è molto simpatica, e posso dirti di averne sperimentata una simile anche io. Un paio di anni fa ho avuto anche io una ospite straniera che si era fermata da me per un paio di giorni Questa, però, la differenza tra il caffè americano e quello italiano già la conosceva. O meglio, solo in teoria, perché quest’ultimo non lo aveva mai assaggiato. Anzi, sin dal primo giorno mi aveva fatto presente il suo desiderio di sperimentarlo, dato che in molti le avevano parlato della sua ottima fragranza. Riesci ad immaginarti la sua faccia quando, abituata com’era ai tazzoni straripanti della versione americana, gli ho presentato la tipica tazzina italiana con quello che, ai suoi occhi, deve esserle sembrato un sorso di caffè? Pensava che gliene avessi portato così poco per farglielo assaggiare, ma quando le ho spiegato che quella era la nostra “dose” standard è rimasta molto perplessa.
Per esperienza personale, avendo viaggiato abbastanza, posso dirti che un caso simile si può riscontrare con la pizza. Il tipo di pizza che hanno all’estero è completamente diverso dalla “vera” pizza italiana. Assomiglia di più ad un tortino salato, con un abbondante miscuglio di condimenti per noi insoliti. Dovresti assaggiarla, ma te lo sconsiglio. Le differenze culturali ovviamente non si limitano solo al cibo: sono infinite, e toccano tutti gli ambiti possibili. Per farti un solo esempio, non coincidono nemmeno i simbolismi ed i significati che noi associamo a determinati gesti. Nemmeno quelli più basilari, come lo scuotere la testa per dire di “no”: in India, questo gesto equivale ad un “si”, che è tutto l’opposto.
In definitiva, concordo con la tua conclusione. Con una sola aggiunta: ogni cultura diversa è l’erede di un ricchissimo patrimonio tradizionale. E mai si dovrebbe puntare all’appiattimento di questi, nemmeno allo scopo di favorire la maggiore comprensione tra diverse popolazioni.
Ti auguro buona fortuna.
Alessandro Manna