Il figlio del 64enne di Ardea ha denunciato su “Tempo & Denaro” le vicissitudini patite dal padre.
Riccardo Vizzi (Studio 3A): “si diano riposte alla famiglia su questa morte”
E’ un’autentica odissea sanitaria, tra diagnosi sbagliate, operazioni non riuscite e gravi infezioni, fino alla morte, quella vissuta tra dicembre e gennaio dal 64enne di Ardea Aldo Scione. Un mese e mezzo letale “nelle mani della sanità italiana” denunciato martedì 14 marzo dal figlio Nicola davanti alle telecamere di “Tempo & Denaro”. La trasmissione dalla parte del cittadino di Rai Uno, in onda ogni mattina dalle 11.05, ha dedicato un servizio alla tragica vicenda di sospetta mala sanità, con un collegamento dal centro di Grottaferrata, a cui è intervenuto anche Riccardo Vizzi, consulente personale di Studio 3A, la società di patrocinatori stragiudiziali specializzata a livello nazionale nella valutazione delle responsabilità, a tutela dei diritti dei cittadini, a cui i congiunti della vittima si sono affidati per fare chiarezza sui fatti e ottenere giustizia.
Il calvario di Aldo Scione inizia il 3 dicembre 2016 quando cade nella sua casa di Ardea. L’uomo tre anni fa aveva subito un ictus, che aveva ben superato, ma gli capitava più di qualche volta di cadere, per cui, lì per lì, i suoi familiari non si sono preoccupati più di tanto. Il giorno dopo, però, il 64enne lamenta un dolore alla gamba e il figlio decide di portarlo al pronto soccorso di Anzio, “ma qui la prima diagnosi – ha raccontato Nicola Scione all’inviato di “Tempo & Denaro” Ivan Bacchi – è: tutto negativo. Dalla lastra e dalla Tac non emerge nulla. Ci dicono di riportalo a casa con dei semplici antidolorifici”.
I dolori però persistono e il 6 dicembre seconda chiamata al 118. “Ci consigliano di recarci in un’altra struttura e lo portiamo al pronto soccorso di Pomezia, al Sant’Anna, ma la diagnosi è la stessa: lastra alla gamba sinistra negativa. Ci dicono di avere pazienza, che il dolore sarebbe passato” continua il figlio.
Ma il dolore persiste e allora i congiunti chiamano loro a casa degli specialisti: una fisioterapista e un fisiatra. “La fisioterapista appena ha visto papà ci ha detto che anca e femore erano fuori asse e che non avrebbe potuto fare nulla. Idem il fisiatra, che ha insistito perché richiamassimo il 118 e lo riportassimo al pronto soccorso”.
Il 21 dicembre Scione torna all’ospedale di Anzio “dove improvvisamente la lastra evidenzia una frattura, e neanche tanto semplice: una brutta frattura scomposta – continua Nicola Scione – Decidono di ricoverarlo e di operarlo subito: l’intervento è fissato per il 22 dicembre. Ma la prima operazione va male. Inizialmente i medici ci assicurano che è tutto perfetto ma nel pomeriggio ci fermano per dirci che per l’indomani è fissata una nuova operazione: “c’è stato un errore umano, può capitare” ci ha spiegato l’ortopedico”.
Eseguono la seconda operazione, che viene considerata buona, e il paziente qualche giorno dopo viene trasferito in una clinica per la riabilitazione, la casa di cura Villa dei Pini, sempre ad Anzio. “Ma qui succede di tutto. I giorni seguenti mio padre comincia ad aggravarsi, a stare male, a parlare male, era in stato di incoscienza. Solo dopo aver più volte richiamato l’attenzione dei medici si sono decisi a fargli una radiografia al torace che ha evidenziato una bronchite e un’ulteriore infezione alla gamba. Una domenica l’abbiamo addirittura trovato in coma diabetico. Quella sera però si era ripreso, i segni vitali sembravano essersi stabilizzati, tant’è che ci hanno detto che non c’erano i presupposti per spostarlo all’ospedale e ci siamo rasserenati. Ma di lì a un giorno è stato di nuovo trasportato in ambulanza all’ospedale di Anzio. Inizialmente al pronto soccorso ci hanno spiegato che aveva – testuali parole – una grave infezione alla gamba, ce l’hanno ricoverato nuovamente e portato in ortopedia, dove però il primario che l’ha preso in cura ci ha detto che non notavano nulla di così grave alla gamba. Ma alla fine si è aggravato a tal punto che mi hanno detto che aveva una polmonite, che se l’è portato via in un giorno”. Il medico ha infatti riferito ai familiari che il loro caro era morto per una broncopolmonite, anche se poi nel referto hanno scritto genericamente “arresto cardiocircolatorio”.
E adesso? “Abbiamo depositato un esposto presso la Procura della Repubblica e siamo in attesa di sapere dal Pubblico Ministero se sarà aperta un’inchiesta per andare a verificare eventuali profili di responsabilità medica o altro – ha concluso Riccardo Vizzi, consulente personale di Studio 3A – Il nostro intento è prima di tutto quello di far capire a questa famiglia che cosa sia successo, perché una morte del genere non può restare senza una spiegazione”.
Per vedere il servizio integrale:
http://www.raiplay.it/video/2017/03/Tempo–Denaro-78022395-f319-46ec-977c-68cd73ea3289.html
Dal minuto 22 e 46 secondi al minuto 29 e 14 secondi.