E’ stata venduta appena nata ad una donna che fingeva di essere incinta. Una storia che ha dell’incredibile quella che ha portato stamattina all’arresto di tre persone, da parte della squadra mobile di Latina. La piccola era nata i primi giorni di febbraio presso l’ospedale di Anzio ma qualcosa, da subito, era suonato sospetto. L’indagine della polizia nasce infatti dopo le affermazioni rese dalla “presunta” mamma della bambina e dalla “nonna” che il 16 febbraio scorso, presso i competenti uffici del comune di Latina, chiedevano un appuntamento per il riconoscimento di nascita e la relativa iscrizione anagrafica per la neonata figlia partorita, come da loro dichiarato, in casa. “L’appuntamento – spiega la Questura in una nota – fissato con i citati impiegati veniva però disertato, cosa che destava sospetto, tanto che i funzionari comunali più volte sollecitavano l’interessata e la genitrice, ma le due donne ogni volta adducevano pretesti per il mancato incontro. Il 7 marzo, dopo vari tentativi andati a vuoto, dipendenti del comune di Latina riuscivano a mettersi in contatto via filo proprio con la sedicente nonna della piccola neonata, la quale, dopo aver ricevuto l’intimazione ad adempiere ai relativi obblighi, dichiarava che in realtà la neonata non era mai stata concepita dalla figlia, bensì da un’altra ragazza straniera che le aveva chiesto aiuto. Mirati tempestivi approfondimenti investigativi consentivano di verificare che molte delle affermazioni prodotte da Francesca Zorzo circa la sua gestazione, conclusasi con la nascita della piccola, non erano veritiere, in particolare quella che voleva un presunto avvenuto riconoscimento della bambina avvenuto presso la struttura carceraria di Rebibbia, dove è attualmente recluso il compagno.
La reticenza iniziale e poi il definitivo pianto di sfogo della ‘mancata’ nonna, consentiva di chiarire che davvero la figlia avesse incredibilmente simulato una gravidanza per vari mesi, salvo poi portare in casa al cospetto degli anziani genitori una neonata, che dichiarava di aver partorito nella casa che condivideva con il marito, fino a prima della carcerazione di quest’ultimo. La surreale situazione determinatasi, induceva gli investigatori ad avviare un’attività volta a ricostruire i tratti salienti della terribile vicenda e soprattutto acquisire, tutte le informazioni più utili a capire dove fosse ‘finita’ la neonata e contestualmente a accertare chi fosse la madre. La madre naturale, di 25 anni, aveva partorito la piccola i primi giorni di febbraio nell’Ospedale Civile di Anzio, che dapprima aveva lasciato senza riconoscerla, salvo ripresentarsi a distanza di qualche giorno per cambiare idea e prendere con se la neonata, il cui padre risultava poi essere un cittadino originario del Mali, residente a Roma. Le ricerche della bambina si sono fatte quindi più intense sia nella zona di Anzio che su Roma. Nella fattispecie la Squadra Mobile di Roma dava un supporto formidabile, allertando per una maggiore velocità d’intervento personale del Reparto Volanti di stanza alla Romanina, zona di residenza del padre naturale, ove anche da Latina si prendevano contatti diretti, inviando a tutti, viawhatsapp, una foto della piccola, in modo da rendere più sicure le fasi dello sperato rintraccio.
Finalmente, dopo solo mezz’ora dall’allerta diramata ai colleghi della Squadra Mobile e del Commissariato Romanina, la neonata veniva ritrovata in buone condizioni di salute. La piccola veniva, tramite i servizi sociali capitolini attivati da personale della Squadra Mobile di Roma, affidata ad una Casa Famiglia del capoluogo attrezzata per i neonati. Sulla scorta delle evidenze probatorie raccolte dagli investigatori della Squadra Mobile di Latina, dopo il salvataggio della neonata sottratta alle intenzioni degli indagati di farne oggetto di vendita tra privati, questa mattina sono state quindi eseguite tre ordinanze di custodia cautelare agli arresti domiciliari. I reati contestati sono di tentativo di alterazione di stato civile, nonché i reati specifici di cui alla legge 184/83 previsti all’art. 71, comma 1, 3, 5 e 6, che, nell’ambito della disciplina sull’adozione dei minori, di fatto punisce, a vario titolo, tutti coloro che alienano o acquistano o fanno opera di mediazione, in danno di un minore”.