I racconti di Porto d’Anzio: La vera storia di Angelita

Da i “Racconti di Porto d’Anzio di Ciro Spina”: La vera storia di Angelita

Di Giorgio Buccolini

angelitaLa vera identità di Angelita, bambina di Anzio accudita dagli americani durante lo sbarco e morta dopo un bombardamento, fu l’origine di molte diatribe e polemiche. Negli anni Settanta le fu dedicata una statua sulla Riviera Mallozzi, in ricordo di tutti i bambini vittime della guerra. Secondo la leggenda, il 29 gennaio del 1944, Angelita rimase ferita all’addome dallo scoppio di una bomba e fu caricata su una jeep da due soldati americani per essere portata in un ospedale da campo. Dopodiché non si seppe più nulla, né di lei, né dei militari coraggiosi che l’avevano soccorsa. Si pensa che il corpo della bambina, forse deceduta durante il trasporto, fosse stato abbandonato lungo i campi oppure si presume che il veicolo fosse stato attaccato da un’altra bomba. La scomparsa della piccola, fece nascere nella città di Anzio il mito di Angelita, bambina morta durante la guerra e non più trovata.
La mia bisnonna, Leandra Castaldi, mi raccontò come andarono realmente i fatti.
Nel campo profughi della città erano alloggiati Leandra, vedova di Giuseppe Retrosi, e le sue due figlie all’epoca bambine, Nicla e Paola. Il 29 gennaio, al momento dello scoppio della granata, Paola si salvò perché era china a cucinare delle uova rimediate, al contrario sua sorella e sua madre vennero colpite in pieno dalle schegge. Gli americani arrivarono immediatamente sul posto e trasportarono Leandra presso un ospedale da campo a tre chilometri di distanza, verso Nettuno. La seconda jeep che soccorse Nicla, non arrivò mai a destinazione. Solo dopo più di un mese Leandra, ferita ad un braccio e al seno sinistro, tentò di rintracciare Nicla con l’aiuto dei familiari e chiedendo notizie ai soldati americani. Le fu detto che la bambina non era mai arrivata a destinazione e neppure gli altri due commilitoni, che risultavano scomparsi. Si suppose quindi che la jeep fosse stata centrata da un’altra bomba durante il trasporto.
Nei giorni successivi altri militari americani dichiararono invece che la bambina, chiamata da loro Angel, era stata trasportata d’urgenza verso sud, poiché era gravemente ferita all’addome e occorreva un ospedale più attrezzato per tentare di salvarla. Affermarono che durante il trasporto la bambina era ancora cosciente e aveva parlato chiedendo disperatamente aiuto. Anche se il tipo di ferita era lo stesso, il nome non corrispondeva.
Per anni, fino al 1948, Nicla Retrosi è stata cercata in tanti ospedali fino a Napoli e poi in Sicilia, rincorrendo fonti e dicerie di bambine gravemente ferite all’addome che non ricordavano più la loro storia, o il loro nome o erano ridotte in stato quasi vegetativo. Tutte le ricerche risultarono vane e le notizie false, Leandra non ritrovò più la sua piccola. Mia nonna Paola, quando ebbe la prima figlia, per ricordare la sorella mai più ritrovata la chiamò Nicla.
Quando ero piccolo, insieme alla mia bisnonna Leandra, mi raccontava spesso questa storia, aggiungendo che ‘Angel’ era il nomignolo affettuoso che i militari americani davano ai bambini che chiedevano da mangiare e di cui non conoscevano il nome.
Sulla storia di Angelita di Anzio si sono sentite tante versioni, dal militare che per anni affermava di averla conosciuta a una donna portodanzese che dichiarava di essere lei stessa Angelita. Di fatto, l’unica bambina scomparsa fu Nicla Retrosi, la vittima più giovane tra tutti gli abitanti di Anzio in tempo di guerra.

Rubrica a cura di Claudio Pelagallo

Questo racconto, pubblicato con l’autorizzazione dell’autore, è tratto dal libro “RACCONTI DI PORTODANZIO ” di Ciro Spina, edito dall’Associazione Culturale 00042