Da i “Racconti di Porto d’Anzio”: Pescatori vittime di guerra
Natale di lutto a portodanzio
Mine galleggianti
L’esplosione del peschereccio Dante Alighieri
Nella fredda mattina dell’11 dicembre del 1941 il piccolo peschereccio Dante Alighieri si trovava in pesca con quattro uomini a bordo a circa un miglio dal porto di Anzio. In mare i tedeschi avevano creato uno sbarramento di mine galleggianti poiché temevano uno sbarco degli alleati.
Giulio Rinaldi, capitano del peschereccio e nonno del grande campione europeo di boxe, durante la pesca era sempre molto attento al pericolo rappresentato dagli ordigni. Il resto dell’equipaggio era formato da Oliviero Donato, Antonio Capobianco e Saverio Pucillo. Finita la pesca, mentre gli uomini si accingevano a issare la rete a bordo per rientrare, uno dei due tavoloni che sostenevano le reti a strascico, s’incagliò su qualcosa. Il capitano fermò la barca per liberare il tavolone e il marinaio Donato si mise sulla poppa per pressare il cavo con la mano e capire quanto era teso. Nel tentativo di disincagliare il tavolone con il tira e molla dei cavi, improvvisamente il cordone si liberò. Ma nello stesso momento una mina venne a galla proprio sotto la poppa della barca e la urtò tragicamente. L’esplosione mandò in mille pezzi il peschereccio, alzando un’alta colonna di acqua ben visibile dal porto e dalla spiaggia. Il boato fece accorrere sul posto altre due paranzelle che si trovavano in pesca poco distanti. Una di esse era comandata dal capitano Saverio Spina, che aveva come equipaggio i figli Ciro, Ettore e Salvatore. Giunti sul posto Ciro, il più grande dei ragazzi, nonostante il freddo pungente non esitò a gettarsi in mare per salvare Antonio Capobianco, mettendolo in salvo sulla sua paranza. Al momento dello scoppio della mina l’uomo si trovava a prua a prendere delle cime e quindi non fu investito in pieno dall’esplosione, anche se l’incidente gli causò la perdita di una gamba. Per gli altri pescatori della Dante Alighieri non ci fu nulla da fare. I loro corpi dilaniati dalla deflagrazione tinsero l’acqua di sangue e tra le onde del mare rimasero a galleggiare soltanto i resti dell’imbarcazione.
La capitaneria giunse sul posto e caricò sulla vedetta l’unico sopravvissuto, Antonio, che raccontò come avvenne la tragedia. Il Natale del 1941 fu triste e doloroso non solo per le famiglie che avevano perso i loro cari ma anche per tutti i pescatori di Anzio, che ancora oggi ricordano quel lutto con grande commozione.
Questo racconto, pubblicato con l’autorizzazione dell’autore, è tratto dal libro “RACCONTI DI PORTODANZIO ” di Ciro Spina, edito dall’Associazione Culturale 00042