di Menuccia Nardi
Ultimamente sono meteoropatica, lo riconosco: a volte allegra eppure flemmatica come la neve di una settimana fa, oppure variabile come il tempo degli ultimi giorni, e negli ultimi giorni mi sono ritrovata ad alternare momenti di silenzio ad altri pieni di parole incessanti, incessanti come la pioggia di ieri, e sotto la pioggia ho iniziato a scrivere questo articolo…
Oggi sarò breve, però, anche perché in alcune occasioni faccio fatica a trovare le parole giuste – mi racconto sempre in questi casi che in realtà quelle giuste non esistono, ma la verità è che sono io che non le trovo, e quelle che trovo non le considero mai appropriate e la mia mente mi viene dietro e le cancella di proposito dal mio vocabolario; e poi oggi non riesco a concentrarmi, sono distratta, distratta e triste, e penso a quanto sia terribilmente normale e al contempo anomalo e forse ingiusto, pur nella sua ovvietà, che la vita di ognuno di noi vada avanti come sempre, mentre quella di qualcun altro si ferma… Due giorni fa si è fermata in un albergo di Udine quella di un giovane atleta, un uomo, un ragazzo dalla faccia pulita che giocava nella Fiorentina: era il capitano della Fiorentina, Davide Astori. Quando me lo hanno detto a casa ho pensato subito che non fosse vero, che fosse una delle solite bufale che girano sul web, e invece no, purtroppo, la notizia è vera. È di quelle che proprio non ti aspetti, di quell’imprevedibile che è previsto dalla vita e a cui nessuno è mai pronto. In un passo de I Miserabili Victor Hugo scriveva: «Mario aveva ancor troppo poco vissuto, per sapere che non v’è nulla di più imminente dell’impossibile e che se v’è una cosa che bisogna sempre prevedere, è l’imprevisto». Difficile da mandare giù.
Non ho altre parole al momento, mi sentivo solo di voler dare anch’io un saluto a quel ragazzo di 31 anni che non c’è più.
Mi accorgo che nel frattempo ha smesso di piovere…