Quattro arresti dei carabinieri tra Roma e Latina per tentato omicidio, estorsione, usura con l’aggravante del metodo mafioso. Le indagini, condotte dai Carabinieri di Frascati con l’ausilio della Compagnia di Pomezia, sono scattate nell’estate del 2016 dopo un attentato avvenuto a Torvajanica, vicino Roma, ai danni di un imprenditore del posto con l’esplosione di almeno 28 colpi di fucile contro la villa in cui in quel momento si trovava l’uomo e la famiglia.
Si tratta dell’esecuzione di quattro provvedimenti restrittivi, emessi dal Gip del Tribunale di Roma su richiesta della Direzione distrettuale antimafia, nei confronti di un gruppo criminale che vede a capo due fratelli di origine calabrese.
L’operazione ha preso il via ieri mattina, quando i militari dell’Arma hanno tratto in arresto Patrizio Forniti di Anzio, difeso dall’avvocato Fabrizio D’Amico; Mirko Morgani di Aprilia, difeso dall’avvocato Giuseppe Fevola e i due fratelli Giampiero e Sergio Gangemi di Aprilia, il primo arrestato nella mattinata mentre il secondo, inizialmente irreperibile, si è costituito nel pomeriggio presso il carcere di Velletri (entrambi difesi dagli avvocati Luca Giudetti e Giuseppe Fevola). Gli arresti sono la conclusione di un’attività investigativa iniziata nell’estate del 2016, quando i carabinieri di Frascati e i militari della Compagnia di Pomezia hanno avviato le indagini a seguito di un gravissimo attentato compiuto a Torvajanica. Precisamente due anni fa, infatti, venivano esplosi ventotto colpi di fucile automatico contro l’abitazione di un imprenditore del posto, che in quel momento era in casa con la sua famiglia. Gli attentatori sono stati ripresi dall’impianto di videosorveglianza, che mostrava due soggetti (secondo gli inquirenti Forniti e Morgani) con volto travisato, che si erano fermati davanti al cancello della villa dell’imprenditore. I due erano a bordo di un’auto che poi si è scoperto essere provento di furto. Morgani – sempre secondo gli inquirenti – è salito sul tetto del veicolo per sparare una lunga raffica. I colpi oltre a conficcarsi nei muri, hanno anche raggiunto le finestre del salone della villa, fortunatamente antiproiettili.Dietro agli atti intimidatori ci sarebbero interessi economici: prestiti usurai e insistenti richieste e minacce aggravate col metodo mafioso. Tutto sarebbe partito da un prestito – investimento di 13 milioni di euro da parte dei fratelli Gangemi all’azienda gestita dai due imprenditori per ricapitalizzare la società. Nel tempo, i due soci hanno dovuto restituire ben 17 milioni di euro. Eppure il debito non era ancora saldato. I fratelli Gangemi avrebbero preteso la restituzione di ulteriori 25 milioni di euro, fra capitale e interessi. Una somma, quest’ultima, mai versata visto che, nel frattempo, la società era fallita.