di Eduardo Saturno
Riteniamo abbastanza verosimile che chiunque si trastulli davanti ad uno smartphone o ad un tablet non si ponga il quesito circa la fonte che permette loro di connettersi con il cyberspazio. Nulla di più semplice: sono quegli artefatti di acciaio tipo quello che nei giorni scorsi è stato installato nei pressi del parcheggio della stazione ferroviaria di Lido di Lavinio, non tanto lontano da edifici residenziali ed una scuola.
Da un punto di vista normativo in tema di installazione di ripetitori telefonici vicino alle abitazioni, dobbiamo fare un salto indietro al 2002, quando il decreto Gasparri ha concesso maggiori libertà nel posizionamento di ripetitori per la telefonia mobile sul territorio nazionale. Da quel momento ha avuto inizio una proliferazione incontrollata dei ripetitori soprattutto nei centri abitati. In termini di legge, infatti, i ripetitori dovevano considerarsi vere e proprie opere di urbanizzazione primaria ed essere trattati, dunque, allo stesso modo di strade, fogne, illuminazione pubblica, ecc.
Secondo questa regola, le antenne telefoniche sono inoltre ritenute compatibili con qualsiasi destinazione urbanistica e quindi possono essere realizzate in ogni parte del territorio comunale, sia in zone residenziali che in zone industriali, anche se i Comuni possono indicare le aree più idonee alla loro installazione e quelle, invece, da escludere per motivi ambientali e paesaggistici.
[sg_popup id=”106217″ event=”inherit”][/sg_popup]Il decreto, tuttavia, ha stabilito che la distanza minima dei ripetitori dalle abitazioni deve essere di almeno 70 metri e la loro installazione deve essere preceduta dal parere favorevole dell’Arpa (Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente).
La qualificazione dei ripetitori come opere di urbanizzazione primaria è stata anche confermata dalla giurisprudenza che ha sostenuto che i ripetitori devono considerarsi alla stregua di impianti di pubblica utilità e, in quanto tali, agli stessi non va applicata la normativa circa le distanze previste per i “comuni” manufatti edilizi. Secondo questo apprezzamento, quindi, una volta considerate le antenne alla stregua di opere di pubblica utilità, non sarebbero soggette alle regole previste dai regolamenti comunali in punto di distanza tra le costruzioni.
A tal proposito sarebbe congruo precisare che il Comune non ha alcun potere di interferire nella scelta del luogo di installazione di ripetitori telefonici (perché violerebbe, altrimenti, il decreto sopra detto) né ha il potere di stabilire limiti di distanza, sicurezza, altezza ecc, ciò in quanto tali limitazioni – poste a salvaguardia della salute dei cittadini dai rischi dell’elettromagnetismo – sono di esclusiva competenza dello Stato.
Come ci si puo’ difendere? Sebbene molte volte le compagnie telefoniche paghino il privato cittadino che gli conceda il posizionamento di un ripetitore sul proprio fabbricato (il più delle volte sul proprio terrazzo), è inutile negare che, allo stesso tempo, l’installazione di un ripetitore ne diminuisce fortemente il valore, quindi rappresenta certamente un danno economico per l’abitazione “a tale scopo adibita”. Ma ancor più rilevante è il danno alla salute che tale installazione potrebbe provocare. Nonostante non siano ancora chiari gli effetti dell’elettromagnetismo sulla salute umana a lungo termine, la comunità scientifica suggerisce prudenza, inibendo l’installazione d’impianti di radiofrequenza nelle vicinanze di ospedali, scuole ed asili.
A tal proposito è giusto il caso di sottolineare che se è pur vero che l’iniziativa economica è libera, essa non può comunque svolgersi in modo da provocare un danno alla salute e alla sicurezza (oltre che alla libertà e dignità umana). Dunque la libertà delle compagnie telefoniche di installare i ripetitori non può essere incontrollata e soprattutto in contrasto con il diritto alla salute. Infatti, anche laddove l’amministrazione comunale abbia autorizzato l’installazione di un ripetitore telefonico attraverso regolare concessione edilizia, ciò non le impedisce di chiedere (a tutela della salute dei cittadini), l’emissione di provvedimenti urgenti come la rimozione o la disattivazione dell’impianto, qualora questo non abbia rispettato il progetto costruttivo o abbia superato i limiti di tollerabilità delle emissioni. Tornando per un attimo sul caso che stiamo trattando, mi sembra assolutamente importante conoscere se il ripetitore sia stato installato correttamente oppure in violazione delle norme di legge (e dunque a meno di 70 metri da abitazioni private, scuole o ospedali). E se le strutture competenti, ARPA in primis, abbiano valutato l’impatto ambientale della costruzione. Il quesito assume una particolare valenza anche in virtù del fatto che una medesima strutturazione, realizzata anni addietro nel piazzale del Centro Commerciale Zodiaco, a pochi metri quindi, non è mai stata attivata. Due pesi, due misure o c’è qualcosa che ci sfugge? Attendiamo che le Istituzioni diano risposte e assicurazioni celeri ai loro cittadini.