[sg_popup id=”106217″ event=”inherit”][/sg_popup]All’importante riunione della commissione, svoltasi ieri, hanno partecipato: l’Assessore regionale al lavoro Di Berardino, il Comune di Anzio, azienda e sindacati. All’attenzione della commissione Lavoro del Consiglio regionale la situazione del personale degli stabilimenti Granarolo di Anzio, con un’audizione degli esponenti del Comune di Anzio e dei rappresentanti dell’azienda e dei lavoratori.
E’ emerso come l’intenzione dell’azienda di cessare la produzione, in mancanza di fatti nuovi di qui a luglio, sia ferma, ma anche come la cessazione dell’attività riguardi solo il lato produttivo e non quello della commercializzazione, evitando conseguenze ancor più drammatiche sull’indotto di quanto già non sia il coinvolgimento delle famiglie dei lavoratori impiegati nell’azienda (25, ad oggi).
Preoccupazione è stata espressa sia dal vicesindaco di Anzio, Danilo Fontana, che da una consigliera di opposizione, presentatrice di una mozione sulla vicenda che è stata votata all’unanimità dal consiglio comunale, per quanto riguarda la ventilata chiusura dello stabilimento, che è sul territorio dal 1994, hanno ricordato gli esponenti del Comune di Anzio, che hanno chiesto se ci siano delle possibilità di soluzioni alternative.
Da parte sindacale, presenti Uil e Cgil, la prima ha sostenuto che il Lazio sta pagando un prezzo troppo alto alla crisi, specie nel settore alimentare. Inoltre si è ricordato come sia in corso una interlocuzione con l’azienda da molto tempo. L’importanza dell’indotto è testimoniata dai 700 quintali al giorno di latte trasformato quotidianamente, ma i rappresentanti Uil hanno anche ricordato come la crisi sia il prezzo che si sta pagando alla mancanza di investimenti aziendali alternativi alla produzione base (latte e panna). La Cgil si è detta dispiaciuta della assenza delle rappresentanze sindacali dello stabilimento e ha posto un quesito sulle possibilità di riconversione del sito industriale.
L’azienda, presente con il direttore delle risorse umane, ha replicato che la crisi data almeno dal 2016, quando vi è stata una prima ristrutturazione che ha portato il personale a 25 unità, quelle attuali. La chiusura riguarda la fase produttiva di latte e panna, poiché quella commerciale e distributiva resta in piedi. La ragione è la riduzione drastica dei volumi lavorati, che rende non più sostenibile economicamente lo stabilimento di Anzio: si tratta di un riflesso della generale crisi del settore del latte e della diversificazione dell’offerta, che rende meno appetibile il latte fresco. Oltre alla ricollocazione dei lavoratori, su cui si sta lavorando con i sindacati, un incontro con i quali è previsto per domani, c’è anche la possibilità, per ora tutta da verificare, che subentrino nuovi soggetti ad apportare volumi produttivi che facciano rivivere lo stabilimento. Quanto alla ricollocazione, questa sarebbe ovviamente fuori regione, per cui è da prevedere che non tutti i lavoratori aderiscano; in alternativa resta solo il sostegno al reddito con gli ammortizzatori sociali.
Per l’assessore al lavoro Claudio Di Berardino della Regione Lazio, qualora non si possa evitare la chiusura, le priorità sono ridurre l’impatto sull’indotto, la ricerca di un nuovo soggetto, cui si è accennato da parte dell’azienda, la valutazione di ipotesi di utilizzo alternativo dello stabilimento; attesa c’è anche per le risultanze dell’incontro di domani coi sindacati. Nell’ipotesi, infine, che sia necessaria la salvaguardia dei lavoratori con gli ammortizzatori sociali, bisogna utilizzare i dodici mesi per provare a riconvertire il sito con un piano industriale e nel frattempo occuparsi della formazione dei lavoratori. Su questi ultimi punti la Regione è a disposizione e il suo ruolo può essere importante, ha concluso l’assessore.