Venerdì 30 agosto, il grande regista, sceneggiatore e attore, Carlo Verdone, sarà ad Anzio per il Conferimento della Cittadinanza Onoraria.
Carlo Verdone scrive una lettera alla Cittadinanza: “Anzio era la scenografia della nostra libertà. Ringrazio i Cittadini di Anzio che mi hanno dimostrato tanto affetto”
“Per la mia amata ANZIO.
Il conferimento della Cittadinanza Onoraria, che riceverò ad Anzio il 30 Agosto prossimo, mi riempie di gioia. E di questo ringrazio il Sindaco Candido De Angelis, tutte le Istituzioni che lo hanno appoggiato, l’amico Bruno Parente che ha ottimamente lavorato al progetto e, non ultimi, i Cittadini di Anzio che mi hanno mostrato negli anni tanto affetto.
Con vero piacere, insieme al Sindaco De Angelis, abbiamo deciso di contribuire alla realizzazione della “Cittadella di Padre Pio – Casa Socio Sanitaria Pediatrica Oncologica Madonna di Fatima”, devolvendo l’intero incasso, della serata di Villa Adele, alla meritevole opera dei Discepoli di Padre Pio, per la cura dei bambini gravemente malati.
La mia storia con Anzio ha inizio nei primi anni ’60, quando i miei genitori cominciarono a trascorrere diversi weekend per andare a trovare molti loro amici, che avevano una casa o una villa proprio lì. Erano medici, avvocati, architetti, professori. Era un’alta borghesia che in quell’epoca aveva scelto quella cittadina balneare come luogo di vacanza o di riposo. C’è da dire che un fratello di mia madre, Ermanno, aveva sposato una bellissima donna di Anzio: Elisabetta Pomante, che tutti noi chiamavamo Bettina. Quindi spesso si andava a casa Pomante, dove i genitori di Bettina, mamma Teresa e Nicolino, ci accoglievano sempre con pranzi straordinari. Mamma Teresa era continuamente interrogata da me affinché mi parlasse di Anzio e della sua storia. Era una donna forte, con un gran carattere popolano e saggio. Ricordava tanti episodi della sua cittadina, soprattutto quelli legati alla guerra e, ovviamente, allo Sbarco di Anzio. Non so quanti soldati tedeschi si presentarono affamati e feriti a casa sua e quanti altri americani e inglesi, che cercavano di potersi lavare e medicare. Per tutti c’era molta premura ed ospitalità. Ogni soldato che entrava a casa sua finiva con il lasciare il suo indirizzo, per poter ricambiare l’accoglienza. E nel vedere tutti quei fogli di carta con indirizzi inglesi, tedeschi e americani, a distanza di tanti anni, provavo un’enorme tristezza.
Ma anno dopo anno cominciai a sentire un grande affetto per questo luogo: c’erano delle immagini che mi emozionavano e che spesso ricordo in qualche scritto. Chiedevo sempre di poter andare al porto, per poter vedere i pescherecci che rientravano carichi di pesce e la gente che si accalcava curiosa nell’osservare cosa c’era nelle cassette di legno. L’arrivo della flotta in ordine sparso dei pescatori al tramonto era veramente poetica. Il porto, pieno di banchetti di pizza al taglio, di gelaterie, di ristoranti aveva un suo inconfondibile odore. Mi piaceva spesso appartarmi verso le scogliere di Ponente e restare incantato dalle onde che lì erano più gonfie e scure. Ma il mio luogo prediletto era il ponte della ferrovia, quello che porta a Santa Teresa. Ricordo che sfiancavo i miei genitori per poter vedere passare il treno della linea Nettuno-Roma. Ero appassionato di trenini elettrici e ogni volta notavo che il locomotore cambiava. Il treno aveva come un effetto ipnotico su di me. E la stazione, vista dall’alto, aveva qualcosa di romantico. Infatti di lì a poco cominciai a collezionare i famosi trenini Marklin, i più prestigiosi trenini da collezione. Una passione che durò circa vent’anni.
Finalmente dal 1964 i miei genitori si decisero a scegliere Anzio come luogo di villeggiatura. Ogni anno cambiavamo appartamento: Viale Paolini, Via Gramsci, Via Cupa, Santa Teresa etc… Se oggi mi chiedessero quali furono i tempi migliori, io risponderei gli anni ’60 vissuti durante le vacanze estive ad Anzio. A poco a poco la cerchia delle mie amicizie si allargò incredibilmente. Si perché ad Anzio c’erano tantissimi romani con figli della mia età e quindi molti di loro diventarono, negli anni, “grandi amici”. E con molti lo siamo ancora. Quante osservazioni ho colto in quel periodo …E quanto mi sono servite nel mio lavoro! Quante risate, quanti amori finiti bene o conclusi nella disperazione! Quanta musica dal jukebox del Tirrena o dal mangiadischi a casa di qualcuno. Quanti film ho visto nelle due arene storiche (Arena Antium e Cinema Estivo), quante corse fino a Nettuno per sfondarci di bombe calde alla marmellata! Erano anni pieni di leggerezza, aggregazione e vera condivisione. Erano gli anni della nostra giovinezza. Ed Anzio era la scenografia della nostra libertà”.
Carlo Verdone