Acqua pubblica, la Corte costituzionale: Illegittima la privatizzazione. A rischio anche decreti Monti e spending review

di Claudio Pelagallo

La Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 4 della finanziaria-bis 2011, che disponeva la possibilità di privatizzazione dei servizi pubblici da parte degli enti locali. Tra questi anche i servizi idrici, sui cui due mesi prima c’era stato un referendum. Il pronunciamento della Corte Costituzionale che con sentenza N.199 del 17 luglio ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 4 del decreto legge 138 del 13 Agosto2011, su ricorso della Regione Puglia, restituisce la democrazia ai cittadini italiani che con i referendum del 12 e 13 giugno dello scorso anno, si sono espressi contro la privatizzazione dei servizi pubblici locali e per l’acqua pubblica.

Esulta il Popolo dell’acqua

La Consulta, con la sentenza 199 redatta da Giuseppe Tesauro, per i comitati “fa saltare le privatizzazioni di acqua e servizi pubblici locali”  Scrive il Forum italiano dei movimenti per l’acqua: “Oggi la Corte Costituzionale restituisce la voce ai cittadini italiani e la democrazia al nostro Paese. In particolare, la Consulta ha dichiarato “incostituzionale l’articolo con il quale, il governo Berlusconi, – si legge nella nota dei movimenti– calpestava il risultato referendario e rintroduceva la privatizzazione dei servizi pubblici locali

Nichi Vendola, governatore della Puglia e leader di SEL

Puglia in festa

La Puglia ha vinto, ma soprattutto, con la Puglia, hanno vinto la democrazia e il popolo del referendum”. Così il Presidente della Regione Puglia Nichi Vendola ha commentato la sentenza della Corte Costituzionale che, accogliendo il ricorso presentato dalla Regione Puglia (ricordiamo che la Puglia aveva sollevato una questione di legittimità costituzionale degli articoli 3 e 4 del cosiddetto “decreto di ferragosto”) ha di fatto e sostanzialmente ripristinato il risultato del referendum sui servizi pubblici locali del giugno del 2011. La sentenza infatti riconosce alle regioni la competenza di affidare ad enti pubblici o ad enti in house la gestione dei servizi pubblici. Ma, cosa ancora più importante, è la motivazione della sentenza secondo la quale le norme sono in contrasto con l’esito referendario.“Sono molto contento. Oggi è una giornata da ricordare – ha aggiunto Vendola – perché la nostra perseveranza nella battaglia che abbiamo condotto, giorno dopo giorno, contro il tentativo di privatizzare i servizi pubblici fondamentali per i cittadini e le comunità, ci ha dato ragione. Con questa sentenza, sono stati cancellati gli interventi legislativi, in perfetta continuità e sintonia, prima del governo Berlusconi e poi del governo Monti“.

Il premier Mario Monti
A rischio il decreto Cresci Italia
La norma sulla ‘privatizzazione’ dei servizi pubblici (l’articolo 4 della Finanziaria-bis del 2011) bocciata dalla Corte Costituzionale riporta la situazione normativa a prima del referendum, ma prima ancora della legge Ronchi (poi abrogata dai quesiti). E, stando alle indicazioni emerse nella decisione della Consulta, sarebbero a rischio anche ”le modificazioni successive”, tipo quelle contenute nel decreto di dicembre del governo Monti, il ‘Cresci-Italia’. Senza contare che la questione potrebbe arrivare ad intaccare anche alcune misure contenute nel decreto sulla Spending review.

 L’acqua, cavallo di battaglia della campagna dei referendari contrari alle privatizzazioni, era stata esclusa dalla manovra-bis che, di fatto, riproponeva le norme abrogate dal referendum soltanto due mesi prima (il 23-bis della legge Ronchi). Il motivo centrale per cui la Consulta ha stabilito l’illegittimita’ costituzionale dell’articolo 4 e’ che viola l’articolo 75 della Costituzione, cio’ quello che vieta il ripristino di una normativa abrogata dalla volonta’ popolare attraverso referendum. Per la Corte, infatti, quell’articolo ripropone nella sostanza la vecchia norma che il referendum voleva cancellare e anzi la restringe e la peggiora.