“Ho sottoscritto il Manifesto della Legalità promosso dalla rete dei giornalisti No Bavaglio perché coglie l’intreccio fecondo tra cultura, legalità, giustizia sociale, lavoro, tutela dell’ambiente, trasparenza e libera informazione come presupposto per costruire anticorpi alla mala politica e alle mafie. Per le mafie costruire consenso e legittimità sociale vuol dire anche intimidire la libera informazione, pretendere rispetto, costringerla al silenzio”. Così in una nota Gianpiero Cioffredi, presidente dell’Osservatorio per la Sicurezza e la Legalità della Regione Lazio. “Purtroppo i dati sulle pressioni indebite e illegittime, le intimidazioni, le minacce, le violenze, gli abusi del diritto ai danni del lavoro libero dei giornalisti, non solo da parte della criminalità organizzata, sono in continua crescita, sia in termini di quantità che di gravità – aggiunge – Secondo L’Organismo di monitoraggio del Ministero dell’Interno sul fenomeno degli atti intimidatori nei confronti dei giornalisti, il Lazio è la prima regione per atti di intimidazione nei confronti dei giornalisti con 109 casi registrati dal 1 gennaio 2020 al 31 marzo 2022. L’informazione è un pilastro della democrazia e intimidire i giornalisti, anche con le querele temerarie, lede il diritto dei cittadini ad essere informati e dunque diventa questione prioritaria, che appartiene a tutti, non solo agli operatori dell’informazione. Il Manifesto della rete No Bavaglio si inserisce nel percorso della Marcia contro le mafie e per la Giustizia promossa dal Coordinamento Antimafia Anzio-Nettuno, Agesci, Cngei, Legambiente e Reti di Giustizia per venerdì 8 luglio alle ore 20 da piazza Pia di Anzio a piazza Cesare Battisti di Nettuno. Parteciperò alla marcia per ribadire la gratitudine nei confronti delle Forze di Polizia e della Dda di Roma per l’inchiesta Tritone che inferto un colpo durissimo alla cosca di ndrangheta Madafferi-Gallace, e per sostenere le reti civiche e la gran parte degli imprenditori onesti di Anzio e Nettuno che vogliono spazzare via le collusioni, le timidezze, le banalizzazioni, le minimizzazioni e le culture della sopraffazione di cui si nutrono le mafie”.