Tra pochi giorni, venerdì 30 settembre e sabato primo ottobre, si celebrerà la Notte Europea delle Ricercatrici e dei Ricercatori, su iniziativa della Commissione Europea, con l’obiettivo di avvicinare i cittadini al mondo della ricerca. A fronte di questi eventi, che puntano ad accrescere la consapevolezza dell’importanza che oggi riveste la ricerca scientifica per lo sviluppo culturale, sociale ed economico, da troppi anni non c’è stata un’adeguata attenzione da parte dei Governi italiani al finanziamento della ricerca scientifica.
L’Italia è tra i Paesi che spendono meno risorse in ricerca scientifica, appena l’1,4% del Pil, molto lontana dagli obiettivi della Strategia Europa 2020, che fissa al 3% l’obiettivo del Pil in ricerca e sviluppo per l’Unione Europea. Siamo al 26° posto a livello mondiale (superati tra gli altri da Slovenia, Repubblica Ceca ed Ungheria), lontani anche dalla media europea del 2,1% del Pil. Qualcosa potrebbe cambiare con i Fondi Pnrr, pari a 1,6 miliardi di euro, che verranno destinati per cinque aree individuate come strategiche per lo sviluppo del Paese: Simulazioni, calcolo e analisi dei dati ad alte prestazioni; Agritech; Sviluppo di terapia genica e farmaci con tecnologia a Rna; Mobilità sostenibile; Biodiversità.
«Unione Popolare sostiene il taglio delle spese militari, che sono aumentate in modo vertiginoso negli ultimi anni, e propone l’incremento della spesa ricerca scientifica, almeno per raggiungere la quota del 3% prevista dall’Ue – sostiene Paolo Ferrero, candidato di Unione Popolare nella circoscrizione di Roma 2 -. Si prenda il caso delle malattie genetiche, che sono oltre 6 mila. La ricerca in questo settore viene finanziata quasi esclusivamente da raccolte di fondi tra i cittadini, con lo Stato nel ruolo di una Cenerentola assente. In Italia sono oltre 2 milioni le persone affette da malattia rara, di cui il 20% con meno di 18 anni. Se si tiene conto anche dei loro familiari, ci si può rendere conto che si tratta di un problema non solo di tipo sanitario ma soprattutto sociale, considerato che queste famiglie non beneficiano di sostegni ed aiuti adeguati e vedono la loro esistenza sconvolta dalla comparsa di una malattia genetica. Lo Stato deve invertire la rotta: finanziare la ricerca scientifica anche sulle malattie rare e fornire adeguati supporti a chi vive in prima persona la malattia genetica ed a chi se ne prende cura (caregiver)».
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