Fausta Vittoria Mengarini (Roma, 1893 – New York, 1952) nasce e cresce in un ambiente culturale particolarmente attivo. Suo padre è l’ingegnere Guglielmo Mengarini, divenuto senatore del Regno nel 1919, sua madre è la tedesca Margaret Traube, chimica organica e fisiologa.
Nella loro casa romana sul Quirinale, il palazzo di via Ventiquattro maggio progettato da Gaetano Koch, è ospitato uno dei salotti intellettuali più frequentati della città, all’inizio del Novecento.
La giovane Fausta, quindi, avendo modo di conoscere artisti e letterati, si avvicina al mondo della scultura molto presto.
Il clima culturale che vive nella sua casa le permette di esprimersi liberamente attraverso le prime prove scultoree, piccole terrecotte e maioliche che riflettono le tendenze dell’avanguardia espressionista.
In realtà, la vera carriera scultorea di Fausta Vittoria Mengarini prende piede nel primo dopoguerra, quando viene chiamata a realizzare alcuni monumenti ai caduti a Roma. Grazie al notevole successo ottenuto dopo queste prime commissioni, la scultrice è diventata una delle maggiori ritrattiste romane tra le due guerre.
Molti esponenti del governo di regime, ma anche generali, industriali, senatori e ministri le hanno commissionato i loro ritratti. L’abilità dell’artista risiede soprattutto nella scioltezza con cui lavora il bronzo: superfici lucenti e levigate si uniscono ad una lavorazione fortemente verista, che la allontana da qualsiasi idealizzazione e la collega con un filo diretto alla ritrattistica romana di età repubblicana e del primo Impero.
Il successo di Fausta Vittoria Mengarini viene coronato da una delle più importanti committenze da parte del governo fascista. Viene infatti incaricata di progettare il nuovo faro del Porto di Massaua, per commemorare la conquista della colonia eritrea. All’inizio degli anni Trenta, Massaua è oggetto di diversi interventi architettonici e di lavori edili di consolidamento stradale, ferroviario e navale.
All’inizio degli anni Trenta, si trasferisce in America, dove continua la sua attività scultorea per un altro decennio, introducendosi perfettamente nell’ambiente artistico di New York, città in cui muore nel 1952, a soli cinquantanove anni.
Károly Torma von Csicsókeresztúr (nato il 13 ottobre 1829 a Kudu (rumeno Coldău), Impero austriaco; morto il 28 febbraio 1897 ad Anzio, in Italia) era un proprietario terriero, politico e archeologo ungherese.
Károly Torma era figlio del proprietario terriero e storico József Torma (1801-1864)[1], sua sorella Zsófia Torma (1832-1899) era anch’essa un’archeologa dilettante. Ha frequentato la scuola a Bistrita e il Liceo a Cluj, dove ha conseguito il dottorato in giurisprudenza. All’inizio della rivoluzione del 1848/49 fu cancelliere nel Parlamento della Transilvania e poi divenne tenente nel 2° Honvéd Jäger Regiment. Dopo la soppressione della lotta ungherese per la libertà, si ritirò nella tenuta della famiglia Csicsókeresztúr e iniziò gli scavi archeologici nella zona.
Nel 1861 divenne membro corrispondente dell’Accademia ungherese delle scienze e nel 1881 membro a pieno titolo. Nel 1867 divenne membro del comitato della Società Storica Ungherese
Torma prese parte nel 1863 e nel 1865 alle diete della Transilvania, dal 1867 al 1875 fu capo governatore della contea di Inner-Szolnok. Dal 1865 apparteneva al partito Déak, che raggiunse il compromesso austro-ungarico nel 1867 e ottenne la maggioranza nel Reichstag ungherese nelle elezioni del 1865, 1869 e 1872. Torma fu membro del Reichstag dal 1867 e dal 1872 al 1875, e dal 1872 al 1875 fu vicepresidente della Camera dei rappresentanti.
Dal 1863 pubblicò i risultati delle sue ricerche archeologiche e storiche. Nel 1866 pubblicò parti dei diari del principe di Transilvania Imre Thököly. Ha contribuito al Corpus Inscriptionum Latinarum e ha pubblicato molti contributi all’archeologia della Dacia.
Dal 1876 Torma fu professore di diritto pubblico all’Università di Cluj. Dal 1878 al 1887 fu professore di archeologia all’Università di Budapest. Durante la sua permanenza a Budapest nel 1881 fu determinante nello sviluppo archeologico dell’anfiteatro del campo militare romano di Aquincum e fu responsabile della fondazione del Museo di Aquincum, che fu aperto nel 1894 dopo il suo ritiro.
Torma visse in Italia dal 1890. A lui è stata intitolata una strada nel quartiere Óbuda di Budapest. Anche ad Anzio una lapide ricorda dove ebbe la sua dimora in via Padre Lombardi.