MAFIA & INFORMAZIONE I giornalisti minacciati e le notizie oscurate
Convegno promosso da: Ossigeno per l’Informazione, Associazione Stampa Romana, Università Tor Vergata – Cattedra di Deontologia del giornalismo. Roma, martedì 11 dicembre ore 10:30. Senato della Repubblica – Sala Caduti di Nassirya – Piazza Madama 11.
Interventi di: Pietro Grasso, procuratore nazionale antimafia
Enrico Musso, senatore, presidente Comitato legalità, scuola, informazione della Commissione Parlamentare Antimafia
Lirio Abbate, giornalista dell’Espresso
Presiede Paolo Butturini, segretario dell’Associazione Stampa Romana
Coordina Alberto Spampinato, direttore di Ossigeno
OSSIGENO – Roma, 9 dicembre 2012 – “Ancora oggi chi scrive di mafia è esposto a minacce”, ha scritto nel suo ultimo libro il procuratore nazionale antimafia, Pietro Grasso, che martedì 11 dicembre alle 10:30, a Palazzo Madama, parteciperà al convegno su “Mafia e Informazione. Giornalisti minacciati e notizie oscurate”, promosso da Ossigeno, dall’Associazione Stampa Romana e dall’Università di Tor Vergata. Al convegno interverrà anche il sen. Enrico Musso, presidente del Comitato della Commissione Parlamentare Antimafia che sta svolgendo audizioni dei giornalisti della Sicilia, Campania e Calabria che hanno subito minacce ed intimidazioni a causa del loro lavoro. Il convegno offrirà l’occasiona per riflettere su un fenomeno poco conosciuto, ma molto esteso. Secondo i dati di Ossigeno, nel 2011 sono stati più di 300 i giornalisti italiani che hanno subito minacce o gravi intimidazioni a causa del loro lavoro. Nel 2011 sono stati 325. Negli ultimi sei anni i casi censiti dall’osservatorio sono stati oltre 1200. La diffusione delle minacce nei confronti di giornalisti, l’ato numero di giornalisti costretti a vivere sotto scorta ha contribuito ha declassare l’Italia, che da anni, unico fra i paesi dell’Unione Europea, è entrato nella lista dei paesi in cui la stampa non è libera ma “parzialmente libera”.
Il “crescendo” di minacce e intimidazioni a giornalisti italiani segnalato da Ossigeno per l’Informazione, ha scritto Pietro Grasso, nel suo ultimo libro, “Liberi tutti”. “non può non suscitare allarme sull’esercizio della libertà di cronaca e sul diritto dei cittadini di essere informati”.Nel libro, il procuratore ha citato proprio i dati del Rapporto annuale dell’osservatorio Ossigeno, gli episodi di minacce ed intimidazioni emersi nell’ultimo anno e ha commentato: si tratta di “una partita complessa, al cui interno si giocano i rapporti fra mafie, potere politico e lobby economiche. E che nasconde un aspetto meno conosciuto e cioè che i boss, l’informazione, provano a corromperla e comprarla”. Fra l’altro, Grasso porta ad esempio le intercettazioni giudiziarie sul telefono di un medico di Palermo, capo della famiglia mafiosa di Brancaccio. Quel medico, oltre a curare le attività di estorsione e a sostenere gli esponenti della cosca in carcere con l’accusa di procurare voti ad alcuni candidati alle elezioni, si dedicava “infine a ricercare rapporti con giornalisti e vertici nazionali di uno schieramento politico per trovare, a livello massmediatico e politico, situazioni favorevoli a Cosa Nostra. In particolare, il mafioso voleva imbastire una campagna di stampa per l’abolizione del carcere duro (41 bis), dell’ergastolo, della legge sui pentiti, di alcune norme per la revisione dei processi. Questo il brano di una intercettazione riferita nel libro di Pietro Grasso, celando il nome del giornalista a cui si fa riferimento: “Se F. ci fa scrivere qualcosa una volta la settimana sul suo giornale… e si scrivono le cose che si devono scrivere… lui è disponibile? Vediamo come dobbiamo fare [se dobbiamo pagare gli articoli] li paghiamo”. “La mafia, che ricerca il consenso di fasce sociali sempre più estese, teme gli attacchi sul terreno della comunicazione e dell’azione sociale almeno quanto quelli dell’azione repressiva”, afferma Grasso ricordando gli omicidi del parroco Pino Puglisi, di Libero Grassi “e di tante altre persone impegnate proprio a sottrarre alle organizzazioni mafiose la loro egemonia sul terreno culturale e sociale”. “E’ triste ammetterlo – aggiunge il procuratore – ma ci sono regioni in cui un giornalista che descrive senza veli la realtà del potere rischia la vita; in cui si combatte una battaglia quotidiana fra la passione, il dovere dell’informazione e la pretesa del silenzio, che diventa violenza, intimidazione, minacce di morte che si materializzano in pallottole ricevute per posta o che frantumano i vetri delle finestre di casa, lettere minatorie, copertoni tagliati, automobili date alle fiamme.
La mafia pretende il silenzio e mal digerisce i giornalisti scomodi”.Il procuratore elenca i nomi dei giornalisti uccisi in Sicilia: Cosimo Cristina, Mauro De Mauro, Giovanni Spampinato, Peppino Impastato, Mario Francese, Giuseppe Fava, Mauro Rostagno, e aggiunge il nome di Giancarlo Siani ucciso a Napoli. All’elenco degli otto siciliani, afferma Grasso, di deve aggiungere senz’altro il nome di Giuseppe Francese, il figlio di Mario Francese, il cronista del Giornale di Sicilia, assassinato dalla mafia nel 1979. Giuseppe Francese per vent’anni, ricorda Grasso, cercò documenti e testimonianze che aiutassero la Procura a scoprire e fare condannare gli assassini del padre. Grazie alle sue indagini giornalistiche e alla sua raccolta di testimonianze furono condannati Leoluca Bagarella e mezza cupola di Cosa Nostra. Il giorno dopo quella sentenza, Giuseppe Francese si uccise. Lasciò scritto in un biglietto: “Ho svolto il mio compito, ho fatto il mio dovere, vi abbraccio tutti, scusatemi”. Giuseppe Francese, commenta Grasso, è “un giornalista che si uccide per non morire di mafia. Di fatto, il nono giornalista ucciso dalla mafia”.”Ancora oggi – conclude – chi scrive di mafia è esposto a serie minacce e intimidazioni ed è costretto a vivere sotto scorta come capita, fra i più noti, a Lirio Abbate, Rosaria Capacchione, Roberto Saviano e Giovanni Tizian”. www.ossigenoinformazione.it
Claudio Pelagallo