Questa mattina il Comitato per la Riapertura del punto nascite dell’Ospedale Riuniti di Anzio e Nettuno ha dato appuntamento ai giornalisti davanti all’ospedale per spiegare e i termini della battaglia intrapresa con la raccolta firme. Presenti Maria Cupelli, Sergio Mangili, Filomena Retrosi, Rodolfo Tucci. Le firme raccolte in pochi giorni sono oltre 2mila.
“La politica non deve limitarsi a fare comunicati, deve fare atti concreti -ha esordito Maria Cupelli- noi abbiamo scelto il contatto diretto con i cittadini. Siamo un Comitato spontaneo, ben vengano tutti coloro che vogliono partecipare, abbiamo in programma iniziative nei quartieri. In assenza della politica è facile per la ASL spostare gli investimenti da un territorio ad un altro come è avvenuto. Questo territorio è rappresentato in Regione, ma chi è stato eletto qui batta un colpo”. La politica strutturata, i partiti, facciano un appello anche loro per fare venire le persone a firmare”.
“Non si capisce quale criterio è stato adottato per il cambiamento del piano sanitario, non ci sono dati concreti e oggettivi, è una scelta politica- ha aggiunto Sergio Mangili-. La gente chiede spiegazioni, e la spiegazione è una sola: la Regione ha deciso che ad Anzio e Nettuno non si nasce più.
Nel piano sanitario non c’è solo il problema del punto nascite, ma anche in altri servizi Anzio viene penalizzata. Noi-ha dibattito con forza- non ci stiamo ad essere abbandonati, Anzio e Nettuno d’estate hanno la metà della popolazione della ASRM6”.
“Il punto nascita è stato messo da parte già dal periodo del COVID,- ha detto Filomena Retrosi- i medici non ci sono, sono sempre meno, vengono chiamati i medici a gettone pagati profumatamente, le difficoltà sono tante. Arrivano donne in travaglio, come accaduto qualche giorno fa, e in certi casi se non si agisce subito le persone possono morire”.
Insomma una battaglia tutta in salita, che trova Regione e ASL sorde davanti alle gravi difficoltà che si registrano all’Ospedale Riuniti, battaglia che trova però il consenso di tanti cittadini dei due il comuni. Ora l’obiettivo è raggiungere le 10mila firme e farsi ricevere in Regione per chiedere conto delle scelte fatte.
Una mobilitazione che sta crescendo di settimana in settimana. Agli inizi di giugno a lanciare l’allarme della non Riapertura del punto nascite era stata la Rete NoBavaglio: “Questa scelta, presa nell’ambito del Piano sanitario 2024/2026, – scriveva la Rete- solleva serie preoccupazioni riguardo alla qualità e all’accessibilità dei servizi sanitari per le famiglie della regione. Chiudere un servizio già autorizzato dal Ministero della Salute, senza una chiara giustificazione o un sostegno tecnico convincente, mette a rischio la salute e la sicurezza delle donne in gravidanza e dei neonati. Inoltre, la decisione di chiudere il punto nascite a favore di Velletri, dove sarà riaperto di nuovo il reparto, solleva delle forti preoccupazioni sulla distribuzione equa delle risorse sanitarie nella regione”.